Quando ci si trova d'innanzi ad un lavoro pittorico del
maestro Guerrino Boatto, soprattutto se osservato velocemente, capita
facilmente di scambiarlo per una fotografia. Ciò si verifica perché troppe
volte, immerso nella frenesia contemporanea, l'osservatore guarda
frettolosamente ed in modo pressapochista l'opera d'arte. Se invece ci si
sofferma a mente aperta su quest'ultima e la si analizza anche nel più piccolo
dei particolari presenti, andando oltre l'intensità della mimesi raffigurata,
si può cogliere a pieno la sottile poetica dell'artista, composta dal connubio
tra l'idea di arte e quella di funzionalità che essa possiede intrinsecamente.
Questo è possibile perché Boatto è uno di quegli artisti in cui l'opera, anche
in virtù della sua complessità, riflette
fortemente il rapporto tra produzione artistica e vita. Infatti il suo concetto
di arte assume una dimensione ideale di intima e personale riflessione, lontana
da esiti sociologici o sperimentali, la quale si sostanzia sulla volontà di
mettersi sempre alla prova sul piano creativo, per carpire le verità degli
elementi, traendovi, come afferma lui
stesso, piacere e divertimento. Ma per evitare che tale proponimento di
mettersi sempre alla prova, nel tentativo di comprendere le cose del mondo, non
diventi un desiderio troppo acceso tanto da distoglierlo dalla sua
introspettiva ricerca, l'artista ha saputo trasformarsi in una sorta di monaco
zen, che vede nella creazione dell'opera d'arte non una volontà di esagerazione
fine a se stessa ma una sorta di meditazione e di preghiera.
E per concretizzare iconicamente
questi suoi pregni intenti e convincimenti, da un lato, ha preso come pretesto,
o meglio soggetto, la natura e l'ha indagata in profondità, soffermandosi non
solo sul dato naturale vero e proprio, raffigurando, ad esempio, elementi o
contesti agresti e bucolici, ma anche sulle creazioni dell'uomo, come le
automobili, in particolare quelle americane degli anni cinquanta del secolo scorso,
o paesaggi antropici, nonché sull'uomo stesso; dall'altro, si è avvalso dell'Iperrealismo, mezzo espressivo
pittorico, concepito quale sommo atto descrittivo della realtà, che è perciò
“...intesa per quella che è...”. Tale modalità esecutiva, strutturata su una
magistrale fusione tra l’aerografo, usato per gli sfondi e le grandi campiture,
e svariati pennellini, adoperati per i particolari anche più minuti, sebbene
risulti talvolta impersonale, nel corso del tempo si è così evoluta da divenire
una sorta di marchio di fabbrica, sempre riconoscibile, di Boatto. Dunque, emerge
preponderante l'uso pittorico che l'artista fa della luce: essa ha la funzione
di creare vibrazioni, contrasti e riverberi che accentuano il dato della
veridicità naturale, come si può notare nelle cromature delle auto, simili a
specchi, che riflettono e, allo stesso tempo, deformano le immagini, ricreando
in tali casi le terse luminescenze tipiche degli assolati e caldi territori
dell’ovest americano. Differentemente negli scorci veneziani, nei quali i
contrasti tra il chiarore ed i colori degli edifici sono ancora più accentuati
dai riflessi continui dell'acqua, il pittore manifesta la sua matrice pittorica
veneziana captando e facendo risaltare le umide e nebbiose arie della città
lagunare.
Oltre a tutto ciò, non va
dimenticato che le opere, come puntualizza lo stesso Boatto, sono anche un
surrogato visivo nel quale si può intravvedere non solo l'intenzionalità
intellettuale dell'artista ma anche alcuni aspetti della sua personalità.
Quest'ultima, infatti, si palesa grazie ad una strana atmosfera simbolica
presente nei lavori, originata dal legame tra il processo esecutivo, che inizia
con l'individuazione di un determinato soggetto concreto, passando poi ad una
estrapolazione fotografica dell'immagine e concludendosi infine nella sua riproduzione
pittorica, con l'aggiunta di alcune personali interpretazioni in grado di
originare sottili ambiguità ed ironie, tanto care all'artista.
Gli esiti contemporanei
a cui Guerrino Boatto è giunto, è doveroso ricordarlo per non cadere in una
interpretazione manieristica dei suoi lavori, non gli derivano dalla sola, seppur
elevata, abilità tecnica, perfezionata scolasticamente all'Istituto Statale
d'Arte di Venezia, ma sono il frutto di una lunga progressione sempre
sostanziata da sensibilità, capacità, istanze culturali e tanti anni di
esperienza creativa, accumulata sia nell'ambito della grafica pubblicitaria,
imperniata sulla sintesi simbolica, sia in quello della vera pittura. Ed è
proprio da quest'ultima che l'artista si sta nuovamente evolvendo in due
direzioni: la prima si volge verso il realismo pittorico, come testimonia il
suo splendido “San Sebastiano”; la seconda va verso la decodifica del
settecentesco vedutismo veneziano di Canaletto e Bellotto, interpretandolo con
il suo iperrealismo per coglierne le differenze.