Molti artisti, nel corso della
loro carriera, hanno cercato di individuare una modalità creativa, o una
peculiarità pertinente al proprio lavoro, che li rendesse identificabili e
riconoscibili da più persone e perciò ricordati nel tempo. Insomma pittori,
scultori, incisori, poeti ed architetti, solo per citare alcune
classificazioni, hanno cercato, attraverso la concretizzazione del loro
messaggio intellettuale, di lasciare la propria traccia nella storia. Il
ricordo e l'attribuzione sono dunque
fondamentali per un artista e questo ce lo rammenta anche Ugo Foscolo, che nel
sonetto “A Zacinto”, afferma che l' “inclito verso” di Omero è così importante,
visti il suo valore testuale nonché la
grande reiterazione dei poeti, da renderlo lungo lo scorrere del
tempo...immortale.
Questa situazione si verifica
anche oggi a prescindere dai mezzi e dai linguaggi usati nell'arte e
indipendentemente dal fatto che questi siano “tradizionali”, come la pittura ad
olio, o “contemporanei”, come performaces, provocazioni e arte
multimediale.
Anche
Ivo Mosele, avvalendosi della tecnica incisoria alla maniera nera, unitamente
alle sue intenzionalità culturali ed artistiche, è riuscito a creare uno stile
personale che lo ha reso riconoscibile e perciò, possiamo dirlo, inclito,
ovvero degno di fama. Tale distinguibilità in lui si è resa ancora più evidente
dalla volontà di usare come proprio mezzo espressivo una tecnica calcografica
diretta, la maniera nera appunto (inventata dal pittore dilettante tedesco Ludvig von Siegen 1609-1680), che dalla metà del XIX secolo è stata sempre meno praticata,
perché considerata, scioccamente, strumento non più capace di generare arte, e
di evolverla attraverso una sua personale e ponderata rielaborazione,
rendendola più che mai funzionale.
Dunque
per comprendere in modo esteriore perché Ivo Mosele sia ritenuto inclito è
sufficiente ammirare a colpo d'occhio i suoi splendidi lavori; ma se si vuole
intuire in profondità il senso di questo aggettivo, è necessario capire il ritroso
che si cela dietro ogni opera, il quale per altro ci permette di intenderla in
modo pregno, e cogliere quali sono le intenzionalità e le idee che
costituiscono il mondo creativo di questo artista, a partire dal significato
primo di Arte. Quest'ultimo infatti per egli si sostanzia nella ricerca di
armonia ideale, tesa a permettere al fruitore di comparare elementi divergenti
fra loro all'interno di uno stesso tema e, interpretando alcune riflessioni di
Socrate nel “Ippia Maggiore”, di manifestare, come afferma S. Zecchi, una
“convenienza, ovvero un rapporto tra le parti e il tutto, in cui l'unità
s'impone sulla molteplicità delle parti”. Perciò l'armonia è in grado di
ordinare gli elementi ad un livello tale che chi li guarda può stabilire una
relazione con le volontà dell'artista.
Ma non è tutto. Infatti, oltre
all'armonia, che secondo il testo e la filosofia socratica è uno degli elementi
che compongono la triade dalla quale trova origine il senso del bello,
all'artista, per completare la sua idea di arte, interessano anche gli altri
due elementi: la simmetria, per l'equilibrio tra due elementi, e la regolarità,
intesa come ripetibilità di un elemento.
Conseguentemente,
Mosele vede nell'arte anche la possibilità di mostrare riflessioni e
sentimenti, stati d'animo, contrarierà e disagi interiori sulle cose del mondo,
sia che queste appartengano alla quotidianità più banale o ai grandi universali
dell'uomo, cercando di far emergere il proprio pensiero su di esse e di
proporlo, sotto forma di dialogo, allo spettatore. Ma l'opera di Mosele non è
di semplice comprensione, infatti, come avverte egli stesso, l'osservatore deve
possedere una “grammatica” visiva che gli permetta di andare al di là del
banale approccio per poter carpire ciò che egli pensa su un determinato
argomento delle cose della vita. Infatti l'artista nel tentativo di offrire
molteplici angolazioni su un ideale soggetto colto dalla realtà, si avvale di
un suo personale mezzo espressivo, che a buon diritto si può considerare il suo
stile. Esso si struttura su un'intima interpretazione del surrealismo,
movimento da cui è attratto fin da giovane, che egli intende come un processo
psichico attraverso cui poter associare liberamente all'interno di un'unica
opera immagini differenti, senza freni sociali o culturali, esaltate da ironia
e paradossalità, qualità tipiche della sua personalità, a cominciare dal
titolo, spesso in apparente disaccordo logico con il lavoro. Così facendo,
l'artista crea una sorta di racconto sempre in evoluzione il quale, partendo da
un'idea “pescata dalla vita” come egli stesso afferma, lentamente si evolve, si
fonde, si trasla per originare uno sfaccettato universo iconico in cui, da un
lato, è sempre possibile individuare le tracce delle figurazioni precedenti,
grazie ad un attento ensamble di trasparenze tra le immagini accostate,
e, dall'altro, si può cogliere l'insieme armonico sia visivo sia concettuale
che questo apparente marasma racchiude.
Lungo
lo scorrere del tempo, e soprattutto in quest'ultima fase creativa, i suoi
lavori si sono anche arricchiti di una costellazione di simboli che,
intrecciandosi, apparendo e scomparendo all'interno di una stessa lastra, hanno amplificato il
conturbamento dell'opera.
L'osservatore
dunque davanti ad una incisione di Mosele, sebbene egli non percorra nessuna
intenzionalità sociale diretta, non può che rimanere educato, nel senso di
essere attirato, provando curiosità, ansia, angoscia, divertimento, insomma
forti emozioni e sensazioni suscitate dalle riflessioni che l'artista gli pone
sotto gli occhi. Questo accade perché egli per mostrare il suo punto di vista
sulla realtà che lo circonda, chiama in causa le sue tre componenti
fondamentali: la natura, l'uomo e i prodotti-manufatti di quest'ultimo.
L'impiego di questi soggetti, a cui ha attribuito, o da cui ricava valori e
spunti, quali la onnipresente positività nel primo e la variabilità negativa
e/o positiva generata dal secondo e/o provocata dal terzo, permette all'artista
di mostrare il suo pensiero, spesso espandendolo e variegandolo tramite la
serializzazione implicita nella tecnica della “sua” maniera nera. Quest'ultima
però non è il solo mezzo tecnico espressivo che Mosele conosce. Egli è infatti
eccellente pittore e calcografico versatile, ma la maniera nera è parte integrante
della sua creatività per concretizzare i suoi intenti artistici, e l'ha scelta
come strumento prediletto proprio perché essa gli permette sia di riprodurre
velocemente evadendo dalla sua puntigliosa e particolareggiata pittura (infatti
mentre lavora si fa anche influenzare dalla musica in sottofondo stabilendo in
tal modo sintonie con i soggetti dei suoi lavori) sia di trasferire il
tonalismo sulla lastra, gradando i grigi. Così facendo, partendo da un'iniziale
emozionalità dovuta all'inizio creativo, Mosele riesce a controllare o, per
meglio dire, possedere, l'evoluzione dei suoi lavori, anche quando essi
appaiono casuali.
Concludendo,
credo che la mostra che si è inaugurata presso la Galleria “Luigi Sturzo” a
Mestre, dal titolo “Tracce e trasparenze”, offra al pubblico non solo la
possibilità di rendersi conto del virtuosismo di Ivo Mosele nel campo
incisorio, ma anche di come egli per la sua profondità intellettuale ed il suo
stile inconfondibile si possa definire, senza timore di essere smentiti, un artista
di “inclita” individuabilità.