Caro Pierluigi
Mi ritrovo nuovamente con piacere, a distanza di anni, a
scrivere in merito alle tue foto. Certo è passata quasi una decade dalle ultime
parole, ma, sebbene esse argomentavano i lavori da te creati in quel periodo,
le trovo ancora oggi essenziali per, parafrasando Ivano Fossati, “riavvolgere
il tempo” e poter costruire un ideale ponte tra i vecchi lavori e quelli
recenti, presenti nella tua mostra personale presso la galleria L.Sturzo di
Mestre, ed approfondire così alcuni
aspetti della tua filosofia artistica. Perciò per ampliarne la mia
contribuzione argomentativa attuale, è necessario riportare il vecchio scritto:
“Oggigiorno il panorama culturale che si presenta agli
occhi dei fruitori è talmente svariato e rutilante che talvolta diventa evento
artistico anche la banalità. La ricerca vera del fare artistico comporta
studio, preparazione e pazienza e Pierluigi Campione durante tutta la sua
carriera ha dato prova di possedere
queste tre qualità. Infatti, andando aldilà di un semplice sguardo, ci si può
rendere conto di come ogni sua opera fotografica sia il risultato di un’attenta
riflessione dove nulla è improvvisato.
Tra le varie tematiche che egli ha trattato, spicca quella
della compenetrazione tra l’arte della fotografia e l’arte della danza.
Quest’ultima già in passato è stata raffigurata attraverso la scultura
producendo esiti felici, ma i lavori di Campione sembrano offrire nuove
prospettive. Con il suo cavalletto e la sua macchina, fermo e immobile, ha
narrato e descritto i movimenti aggraziati, ora lenti ora veloci, e le
articolate armoniche coreografie che il corpo sa produrre se ispirato dal ritmo
della musica. Ma non basta, si è spinto oltre. Sfidando le contingenze fisiche
del palcoscenico, quali ad esempio la quantità di luce ed il suo
posizionamento, è riuscito ad imprimere alla foto un magico dinamismo,
allontanandosi da una visione fissa e stereotipata dell’immagine statica. In
tal modo l’atto artistico del danzare si è trasformato in una sorta di scultura
nella quale la plastica, tutta intrisa di velocità, le sciabolate di colore, le
movenze e le pose ci rimandano con la memoria sia alle opere futuriste sia a
gestualità proprie del teatro classico. Il balletto dunque inteso come
esecuzione artistica, con Campione travalica i suoi limiti per divenire altra
arte: non solo scultura, ma anche pittura. Osservando l’impianto coloristico
e/o chiaroscurale che le immagini fotografiche mostrano, si possono intravedere
rimandi sia figurativi sia astratti, fusi assieme magistralmente.
E’ chiaro che la danza nell’opera di Campione non è solo
soggetto ma anche pretesto sensibile che egli usa per esprimere momentanee
emozioni tramite libertà del movimento. Essa dunque, accostata e fusa con altre
dimensioni culturali, grazie all’ausilio dell’arte fotografica, diviene un
unicum dove musica, gesti, colori e luci si tramutano in un’inesauribile fonte
per le sue ricerche intellettuali ed artistiche”.
Dal confronto tra queste parole e l’osservazione delle
nuove opere, ci si accorge come le parole “danza” e “movimento” siano i cardini
su cui si basa la tua creatività, ma anche come le modalità di espressione che
esse rappresentano, sul piano artistico sono state da te evolute in modo
variegato. Perciò, chiarendo ed approfondendo ulteriormente i contemporanei
significati di danza e movimento è possibile capire e contestualizzare questa odierna
esposizione mestrina nella quale, ad osservarla bene, si può ravvisare una
strana e casuale dicotomia espressiva e passionale, in quanto le foto proposte
sembrano la trasposizione visiva del testo della canzone “Voglio vederti
danzare” di Franco Battiato.
Tralasciando il dato tecnico, del quale mi sembra superfluo
trattare, viste le tue capacità ed i livelli raggiunti, vorrei sottolineare le
ragioni profonde della tua scelta della danza come unico soggetto artistico. Il
tutto parte dal connubio tra la tua grande passione per la gestualità nel
teatro, che tu hai praticato da giovane, ed la disciplinata cadenza esecutiva della
musica, che tu senti profondamente. E per cercare di cogliere con la tua
macchina fotografica tale corrispondenza tra i gesti del corpo e le note, ti
sei immerso nel teatro per ore ed ore, seguendo prove e prime di spettacoli di
balletto, concentrandoti all’occasione anche solo su un’unica ballerina, nel
tentativo, tra le innumerevoli foto scattate, di individuare tra le movenze
quelle tanto significative da attirare il tuo interesse. Ma non è tutto. Oltre
a voler raffigurare questo tuo lato interiore, o per meglio dire sentimentale, nei confronti della danza,
nelle tue pose hai magistralmente fatto emergere anche il lato tecnico-artistico,
addensando le immagini di un forte valore estetico, incentrato sull’armonia
della composizione, il calibrato bilanciamento della figura e la sua giusta
proporzione e il soppesato rapporto tra soggetto e sfondo. Hai posto attenzione
scrupolosa anche agli effetti della luce e dei suoi riflessi sul palco, sui
corpi e persino sui vestiti e le capigliature dalle danzatrici.
Nell’argomentare, poi, sul tuo concetto di movimento, che
si sostanzia su un rapporto di variazione di posizione e velocità tra te ed il
soggetto, è doveroso sottolineare come esso all’interno del tuo lavoro
manifesti due aspetti: da una parte, quello di essere elemento fondante di una
costante e mutevole triade composta, oltre che dal movimento stesso, anche dall’importanza
della luce e degli effetti della tridimensionalità scultorea che i soggetti presentano;
dall’altra, si sottolinea quanto il concetto di movimento si sia evoluto,
rivoluzionando il tuo modo di fare arte. Quest’ultimo aspetto evolutivo del
movimento, fa sì che esso assuma, sul piano intenzionale, una funzione antologica e, soprattutto, fornisca una
scansione cronologica alla mostra, nella quale sono perciò identificabili tre
fasi. La prima, definibile realistica, si realizza nell’istante in cui tu, da
fermo, fotografi la ballerina mentre si sta muovendo, restituendo un immagine
statica nella quale forma e colore sono ancora identificabili. La seconda,
identificabile come futurista, si genera nel momento in cui tu rimani ancora
fermo ma diminuisci i tempi fotografici delle pose, in modo che la forma ed i
colori della ballerina in movimento si frantumano in tanti velocizzati e
sovrapposti fotogrammi dal piglio boccioniano. La terza, inquadrabile
nell’astrattismo, si attua quando anche tu stesso sei in movimento, talvolta
seguendo la ballerina o talvolta andando nella direzione opposta, cercando di
bloccare il tempo nel momento di tangenza tra te e lei, producendo così un’immagine
di sola campitura di cangiante colore dai tratti quasi tonali in cui ogni forma
figurativa è oramai scomparsa.
Concludendo, visti questi tuoi felici esiti contemporanei, spero
vivamente di ritrovarmi a scrivere di tue ulteriori e mirabolanti evoluzioni nel
campo della fotografia, magari esulanti dalla danza e dirette verso altri soggetti.
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