mercoledì 2 maggio 2012

Maurizio Canatta

Caro Maurizio
E' proprio vero che le buone cose con il tempo migliorano. E' passato quasi un lustro dal nostro ultimo incontro a casa tua nello splendido borgo di Refrontolo, adagiato dolcemente sulle colline trevigiane. E' stato fruttuoso ed interessante rivederci nuovamente, questa volta a Susegana nel tuo studio-atelier, in un pomeriggio di fine marzo, per ascoltare le riflessioni sul tuo lavoro, e constatare come la tua serietà e volontà d'artista siano immutate, se non aumentate. Hai voluto sottolineare, dimostrandolo con i fatti, come sia importante una solida conoscenza dell'Arte, della sua storia e dei mezzi di espressione ma, soprattutto, come l'artista, anche se con fatica, sofferenza ed  incomprensione, debba rendersi utile alla società nel suo ruolo di propulsore verso il futuro ed il progresso. Per te quindi l'artista, anche se non capito dalla ingenuità e dalla massificazione, deve essere testimonianza tangibile dell'impegno e del creare.
Il Camatta che ho rivisto si è però evoluto dall'ultima volta e per certificare tale mutazione, mi servirò di una modalità didascalica tralasciando titolazioni e soggetti per concentrarmi sulle scansioni di questo tuo percorso creativo. La prima fase, sebbene tu abbia iniziato dal segno, si è sostanziata sulla tua esigenza di confrontarti con la materia nella sua tridimensionalità: l'hai  aggiunta e compattata dando origine a pitto-sculture materiche, cangianti e dai forti tratti estetici, frutto di un intenso lavoro di decorazione protesa al bello utile, nelle quali compare un realismo lirico ed interiorizzato. La successiva evoluzione, dopo aver aggiunto, lavorato e digerito la materia ed essertene “stomacato”, perché oramai priva di poesia, ti ha visto via via togliere corposità e massa protendendoti verso un nuovo lirismo più puro ed una nuova interiorità libera dalla figurazione. Nel terzo momento arriva la svolta: abbandonando definitivamente la matericità sei passato al colore, che, seppur libero dall'ingombro della materia e più versatile, hai continuato ad aggiungere per i tuoi scopi. La quarta versione, quella più vicina a noi, è stata per te il momento della rottura: assuefatto anche dal sovrapporre pure il pigmento hai pensato di spuriarlo. Ma non solo. Anche sul piano esecutivo sei giunto ad una nuova dimensione: dopo l'impeto della gestualità, arriva in te una decantazione che ti conduce ad una intenzionale e razionale elaborazione protesa nuovamente verso percezioni dai tratti figurativi, tanto che una volta concluso l'intervento, il dipinto assume un senso di visione verticale che lo stabilizza. La macchia stesa di getto, viene fatta riposare per poi essere ordinata mentalmente, il tutto sottolineato da un mimetismo che amalgama e bilancia l'aggiungere ed il togliere.
Le creazioni attuali, da me osservate durante il nostro incontro e che sul piano critico mi permettono di riprendere una dimensione argomentativa, oltre alla necessità di conciliare l'accumulo e la rimozione degli elementi, mostrano il tuo odierno e latente desiderio di purificazione spirituale ed intellettuale e si concretizzano inizialmente nella raffigurazione del cielo. Tale soggetto, per definizione, è atto a divenire spazio mentale nel quale il colore assume toni talmente sottili e vibranti da far traslare la mente e portarti altrove. Ma questa aspirazione di pulizia ed equilibrio spirituale e formale è debordata anche su altri successivi lavori pittorici, nei quali il tuo bilanciamento ideale e visivo, fatto di materia unita al colore, cede il passo ad una proporzione sensibile tra realismo e speculatività. Quest'ultima, poi, è rappresentata da squarci concettuali che rompono dinamicamente l'insieme visivo del dipinto, creandone un altro, il quale è, però, in stretta e calibrata coesistenza col precedente così da apparire un insieme fluido che lega materia e colore.
E' fuor di dubbio che le tue opere sul piano artistico siano una novità: in loro si rivede  ancora il tuo impegno d'artista in ambito sociale. Se poi lette in chiave metaforica, esse divengono uno specchio dell'anima inducente l'uomo contemporaneo ad una presa di coscienza: guardarsi dentro e fare i conti con se stesso, concretizzando la necessità di ritrovare, o creare, un equilibrio ideale tra egli e la natura e tra il suo passato ed il suo futuro. Tale introspezione però, secondo la tua intenzione, non è da contemplarsi come dimensione negativa, ma deve essere uno sprone per la  ritrovata serenità.

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