Sono
veramente lusingato di aver presentato l'interessante mostra di Eleonora Mazza
e Kiyomi Sakaguchi inauguratasi al ridotto del teatro Titano in San Marino. Ho
avuto infatti l'occasione di poter argomentare non solo su due modalità
creative che si confrontano su un tema comune, ma soprattutto su due mondi
diversissimi che tuttavia dialogano tra di loro: quello occidentale e quello
orientale. Le artiste si sono cimentate su un tema di non facile analisi come quello
dell'identità contemporanea soprattutto se visto con intenzionalità sia
antropologiche che metaforiche, come esplicitato nel titolo stesso della
mostra: “Erosioni”. Affermo questo perché tale argomento offre molteplici
spunti analitici, cominciando proprio dall'interpretazione del significato del
titolo stesso.
La
mostra rappresenta l'influenza combinata di un'allegorica erosione geologica,
raffigurata dall'azione di agenti meteorologici che provocano la consunzione e
la riduzione progressiva delle rocce e di una paradossale metamorfosi
psicologica che l'essere umano compie nel passaggio da un'antica ad una nuova
forma interiore. Quest'ultima è da intendersi perciò come nuovo stato destinato
poi ad essere perpetuamente eroso attraverso un'infinita serie di successivi
processi di modificazione. Come il mondo viene modificato dalle forze della
natura, così l'uomo subirà i cambiamenti imposti dal progredire della sua
anima.
Ogni
nuovo stato creato diviene perciò nuovo stato mentale dell'essere umano il
quale ha perciò d'innanzi nuovamente la possibilità di scegliere e di emergere
dalla fluidità.
Per
introdurre le due modalità creative, sulla scorta di quanto detto, interpreterò
l'analisi della mostra come un percorso all'interno di una ideale casa dello
spirito, nella quale è racchiuso l'Io creativo delle due artiste.
Aprendo il cancello si entra nel
giardino e subito si possono notare le sculture di Kiyomi. Esse sono da interpretarsi come similitudini
concrete e tangibili di elementi naturali,
appena fuoriusciti da un mitico e
deflagrato vaso di Pandora che li ha sparsi sulla terra. Questi frammenti di
natura sono sottoposti all'interventazione dell'artista giapponese, la quale,
agendo come il tempo che unitamente agli agenti naturali
(fuoco, aria, acqua e vento) corrode i sassi, le piante e gli alberi, li
modifica logorandoli ed escavandoli, evolvendone in tal modo la forma e perciò
lo stato. Tale modificazione che Kiyomi attua, è da intendersi idealmente un
continuo cambiamento immanente e perciò mai statico o uguale dell'Io umano,
identificato allegoricamente nelle sculture. Così come la sostanza naturale
delle opere muta costantemente, assumendo sempre nuove forme, poi sottoposte a
futura e persistente mutazione, così anche l'essere umano deve sottoporsi ad
una sorta di purificazione interiore che, evolvendolo, lo libera dalla fissità,
sia fisica che interiore, e dalle sue scorie passate proiettandolo nel futuro.
Dunque per Kyiomi l'uomo, per non soccombere a causa dei propri “accidenti”
superflui che ne appesantiscono l'animo, è dunque obbligato a mutare
costantemente e compiere un continuo
percorso interiore, senza mai fermarsi, volto alla comprensione della
propria essenza, quello che realmente è, perfezionandola e traendone così
benefici.
Osservando
l'insieme delle opere dell'artista giapponese, si intuisce che esse non siano
solo epigoni concreti del suo intento creativo, ma anche che queste si possano
intendere come momenti tangibili di una pratica di vita individuale, fatta di
austerità, sublimazione ed esercizio, volta alla coltivazione del proprio Io
interiore ed alla percezione della bellezza e della grazia e che ella, oltre a
perseguire con intenti anche sociali, ci invita ad iniziare.
Superato il giardino, e aperto
l'uscio di casa, si accede alle stanze dello spirito e dei ricordi di Eleonora
Mazza. Osservando i suoi dipinti subito si percepisce come per lei sia
importante sottolineare la necessità dell'essere umano di recuperare la propria
identità smarrita e la capacità di comunicare. Ma a differenza di Kiyomi, la
quale toglie per evolvere, ella interpreta il significato di erosione interiore
al contrario: asportare significa involvere. Dunque l'immagine dell'uomo quando è sottoposta ad una negativa consunzione
identitaria perde la sua sostanza, cioè la sua essenza. Da questo stato di
smarrimento, però, secondo Eleonora Mazza, l'uomo può uscirvi, basta che voglia
interpretare questa indeterminatezza come possibilità di progresso interiore e
non perenne insicurezza. Il suo modo di evidenziare, nonché rendere visibile,
questo stato di indefinita incertezza, sia collettiva che individuale, l'ha
portata a rivedere il suo ruolo di artista trasformandosi da creatrice in
soggetto stesso dell'opera, assumendo le qualità di paradigma della società. In
tal modo ella ha dovuto e voluto, allo stesso tempo, compiere un percorso di
autoanalisi per eliminare le cose negative che la consumavano, trattenendola, e
ritrovare, ricostruendole, le proprie certezze interiori. E per rappresentare
iconicamente questa analisi introspettiva, ha creato una personale e singolare
interpretazione della pittura fatta di ideali fotogrammi. Questi ultimi si
addensano di suggestive atmosfere fatte di stravolti, scarnificati e deflagrati
volti e corpi, con disordinati e dismessi oggetti quotidiani, immersi in
straniati, indefiniti ed evanescenti sfondi d'interni, dove tutto è reso ancor
più stemperato, se non consunto, dai toni pacati, slavati e contrapposti dei
colori. Attraverso queste foto costruite con il colore, l'artista oltre a
rappresentare le incertezze sopracitate, è riuscita ad infondere in esse un percepibile senso del
suo ritroso autobiografico, nel quale le amenità del passato, seppur
tratteggiate da un sottile velo di nostalgia, le hanno permesso di ritrovare la necessaria concretezza
recuperando così la volontà di affrontare l'ondivago futuro.
Dunque
grazie al potere di questa rappresentazione, quasi taumaturgica, Eleonora
Mazza, persona sensibile e dallo spiccato senso analitico, ci induce a
concepire la vita liquida (come afferma Z. Bauman), quale momento non solo di
riflessione sulla nostra condizione
umana, ma, soprattutto, di desiderio
insopprimibile di crescita della nostra identità.
Concludendo, credo sia interessante
sottolineare come Kyiomi Sakaguchi ed Eleonora Mazza, seppur distanti
geograficamente fra loro, siano riuscite ad offrire una modalità per affrontare il disagio che la
metamorfosi impone all'uomo di ogni tempo e latitudine.