venerdì 24 giugno 2011

Malvisi

L'opera di Malvisi può essere intesa come una ricerca volta alla comprensione e decodificazione, talvolta con impeto istintivo e irruenza, delle contraddizioni, delle sensazioni e delle emozioni più sensibili dell’uomo; per fare ciò l’artista punta diritto all’essenza delle cose, liberandosi dagli orpelli, dalle schematizzazioni, dall’ipocrisia e dai falsi idoli ingannatori. Egli dunque, come uno sciamano, compie un percorso a ritroso nella storia dell'uomo sino ai suoi primordi quando, nel buio delle grotte traduceva in immagini la realtà che lo circondava eternizzandola e facendola divenire magica. Le stilizzazioni umane e oggettuali di Malvisi, fatte di colori primari puri ed accesi (il rosso, blu, giallo), di rievocazioni delle forme primarie (cerchio, triangolo e quadrato), di segni vibranti e nervosi, di titanici scontri tra masse e corpi (nel marmo), ci raccontano questo suo viaggio e questo suo "sentire". L'immagine pittorica e quella scultorea perciò volgono all’assoluto, al panteistico, divenendo simboli intesi come apertura di senso: l’uomo perde la sua realtà divenendo forma ideale che, come un archetipo, indica la via della vera ragione e della vera interiorità della cose. Questo indagare è talmente coinvolgente e profondo, che tocca anche il parossistico confronto fra gli "estremi": la raffigurazione scultorea di "Gea", simulacro della fertilità terrena, evidenziando l’atavico bisogno di ricerca e di certezze dell’uomo, contrasta idealmente con la tela "Il Tempo", dove tutto si consuma per lo scorrere inesorabile della sabbia nella clessidra, e ci mostra che purtroppo nulla, e perciò neanche l’arte, è perenne.

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