La carriera artistica di Tullio Bonso può davvero, come afferma egli stesso, definirsi come un diario sul quale egli, lungo lo scorrere del tempo, ha scritto le pagine più belle della sua pittura. Tali fogli rappresentano momenti cronologici in cui l’artista ha affrontato e sperimentato determinati aspetti dell’arte che lo hanno particolarmente affascinato. Tra i suoi prodromi troviamo l’Astrattismo, frutto della discussione culturale degli anni sessanta, al quale egli ha partecipato con enfasi creando opere incentrate su figure-forme geometriche "auree" e al contempo essenziali. Nel corso di tali ricerche, la tradizione culturale della scuola tonale veneta è sempre stata presente in lui, tanto che nel suo stile architettonico, ulteriore interpretazione astrattistica, l’artista ha sempre posseduto ed usato intrinsecamente i colori veneti. E appunto il pigmento, lentamente, ha incontrato la figuratività e il naturalismo: si è adagiato su una superficie ruvida e scabra, creando un unicum fatto di virgole e macchie tonali che, giocando con i colpi di luce, originano intense vibrazioni cromatico-emozionali. Così facendo, il soggetto ha travalicato il realismo per diventare etereo attimo visivo, talvolta quasi metafisico, esulando dalla convenzionalità. La sua personalità pacata e riflessiva si è fusa con un equilibrio formale fatto di attento studio tecnico e di rigorosa metrica globale, che contempla anche il particolare: se ad esempio si osservano le sue famose "Rose", si evince come il tutto conduca il soggetto floreale ad una dimensione lirica elevata. Questa poesia e questa interiorità sono sempre appartenute alla sua arte e, anche a distanza di molti anni, ancora traspaiono nei suoi quadri e disegni; egli continua a scrivere col pennello sul suo diario che, ancora oggi, gli consente di leggere il passato per arricchire il presente.
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