martedì 7 marzo 2017

Iris Bernardi

Alcune opere, nel corso della storia, hanno assunto un'importanza così forte da essere considerate come punti di riferimento e di ispirazione dell'umanità. Basti pensare alla Gioconda di Leonardo che, a buon diritto, si può ritenere una delle pietre miliari non solo dell'arte ma dell'intelletto umano. Tale importanza non appartiene solo a opere visive, come pittura o la scultura, ma a tutto quello che attiene alla cultura, come teatro, musica, letteratura, architettura e poesia. La fama di un'opera d'arte è dunque motivata dalla capacità di essa di essere apportatrice di innovazioni, di ispirazioni e, soprattutto, di stabilire correlazioni e affinità sensibili che amplificano il senso di comprensione e anche il godimento con altre forme d'arte. Perciò può capitare che una persona mentre osserva la sopracitata Gioconda, soffermandosi su un suo minuto particolare, sia portata a riscontrare delle somiglianze con altre opere meno conosciute. 
Certo la Gioconda è sempre la Gioconda e la sua popolarità è acclarata da secoli,  ma questo ci conferma quanto sia istintivo per l'uomo stabilire connessioni tra le varie opere e le multiformi modalità artistiche. E questo interscambio è veramente fondamentale per l'arte, in quanto il trasporto generato verso grandi opere da parte di una persona appassionata è foriero di una conseguente e sostanziale comparazione con altri lavori portando perciò verso una maggiore comprensione di questi ultimi.
Tale accostamento tra opere di diversi ambiti si matura anche quando si osserva la pittura calligrafica di Iris Bernard, incentrata sulla rappresentazione della sua montagna. Vengono in mente  infatti diverse inferenzialità sensibili con alcune pregne parole scritte nei versi dell'immortale “Infinito” di G. Leopardi, in cui il valore intimista raggiunge livelli universali e condivisi da tutti gli uomini. Questi vocaboli, seppur interpretati ed estrapolati, divengono simbolici grimaldelli che  permettono di cogliere al meglio l'interpretazione delle opere della pittrice. Effettivamente ella è così intimamente legata al luogo in cui vive da esserle “sempre caro mi fu quest'ermo colle”, tanto da dipingere “interminati spazi” immersi in “sovrumani silenzi,” che le regalano “profondissima quiete”, anche quando dipinge “le morte stagioni” in particolare l'autunno e l'inverno, facendole sovvenire quel senso di “eterno” capace di indurre alla riflessione, esaltato dall' “infinito silenzio” che solo la neve riesce a creare, abbattendo i rumori e ovattando il paesaggio.  I versi del poeta di Recanati sono dunque da intendersi quali rafforzativi delle meditabonde e dolci melanconiche visioni della pittrice, a volte esaltate anche da poche e isolate case immerse nella coltre bianca o solitari alberi in primo piano. E anche quando il gelo cede il passo alle vibrazioni delle stagioni primaverili e estive, si scorgono ancora i versi di un altro Idillio di Leopardi, come si percepisce in alcune visioni notturne in cui campeggia una solitaria luna che le “giova la ricordanza, e 'l noverar l'etate”. 
L'associazione di idee con un'opera d'arte poetica, in questo caso leopardiana, offre quindi  all'osservatore un piano di lettura ancora più ampio delle opere visive di Iris Bernard, in particolare permette di cogliere la bellezza interiore che esse celano perché pervase da atmosfere evanescenti in cui si captano calma, serenità e ricordi legati alla propria terra.

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