venerdì 1 luglio 2011

Gelindo Crivellaro

Quando si osservano le opere di Crivellaro non si può che rimanere affascinati dalle atmosfere che queste emanano. Perfino l’aria si fa metafisica, trasognata. Essa si insinua nei soggetti, ammantandoli per portarli in una dimensione del ricordo, della melanconia del tempo che sembra non ritornare più. E’ perciò la dimensione della memoria quella che più emerge dal dipinto: l’inesorabilità del tempo che consuma la realtà. Il quadro sembra volerci perciò invitare ad afferrare ciò che abbiamo, anche le cose più minute, e goderle sino in fondo... cogliere l’attimo. L’artista ricerca nei simboli dell’uomo le tracce per il suo operare, liberandosi dagli orpelli stilistici e soprattutto dagli artifici e dagli abbagli della società contemporanea che lo possono fuorviare. Nei suoi dipinti si intravedono costruzioni architettoniche di case o città, sospese tra il cielo e la terra, avvolte da colori opalescenti. Sono immagini metaforiche del passaggio dell’uomo nel tempo, creazioni che acquisiscono significato in quanto preziose testimonianze di ciò che è stato, benchè il loro stesso creatore sembra averle abbandonate e forse dimenticate. Crivellaro sembra perciò vedere nella storia il cardine principale della sua ricerca pittorica. Ciò che gli interessa non sono i grandi eventi ma i piccoli fatti quotidiani e i piccoli emblemi della società, che a volte risultano più densi e importanti di tante rivoluzioni. La ricostruzione del passato quindi viene intesa non solo come rievocazione emotiva, ma anche come invito alla riflessione attiva che possa riuscire a gettare basi per il futuro, dato che anch’esso a sua volta è destinato a divenire memoria.

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