venerdì 2 maggio 2014

Guerrino Boatto

Quando ci si trova d'innanzi ad un lavoro pittorico del maestro Guerrino Boatto, soprattutto se osservato velocemente, capita facilmente di scambiarlo per una fotografia. Ciò si verifica perché troppe volte, immerso nella frenesia contemporanea, l'osservatore guarda frettolosamente ed in modo pressapochista l'opera d'arte. Se invece ci si sofferma a mente aperta su quest'ultima e la si analizza anche nel più piccolo dei particolari presenti, andando oltre l'intensità della mimesi raffigurata, si può cogliere a pieno la sottile poetica dell'artista, composta dal connubio tra l'idea di arte e quella di funzionalità che essa possiede intrinsecamente. Questo è possibile perché Boatto è uno di quegli artisti in cui l'opera, anche in virtù della sua complessità,  riflette fortemente il rapporto tra produzione artistica e vita. Infatti il suo concetto di arte assume una dimensione ideale di intima e personale riflessione, lontana da esiti sociologici o sperimentali, la quale si sostanzia sulla volontà di mettersi sempre alla prova sul piano creativo, per carpire le verità degli elementi,  traendovi, come afferma lui stesso, piacere e divertimento. Ma per evitare che tale proponimento di mettersi sempre alla prova, nel tentativo di comprendere le cose del mondo, non diventi un desiderio troppo acceso tanto da distoglierlo dalla sua introspettiva ricerca, l'artista ha saputo trasformarsi in una sorta di monaco zen, che vede nella creazione dell'opera d'arte non una volontà di esagerazione fine a se stessa ma una sorta di meditazione e di preghiera.
            E per concretizzare iconicamente questi suoi pregni intenti e convincimenti, da un lato, ha preso come pretesto, o meglio soggetto, la natura e l'ha indagata in profondità, soffermandosi non solo sul dato naturale vero e proprio, raffigurando, ad esempio, elementi o contesti agresti e bucolici, ma anche sulle creazioni dell'uomo, come le automobili, in particolare quelle americane degli anni cinquanta del secolo scorso, o paesaggi antropici, nonché sull'uomo stesso; dall'altro, si è avvalso  dell'Iperrealismo, mezzo espressivo pittorico, concepito quale sommo atto descrittivo della realtà, che è perciò “...intesa per quella che è...”. Tale modalità esecutiva, strutturata su una magistrale fusione tra l’aerografo, usato per gli sfondi e le grandi campiture, e svariati pennellini, adoperati per i particolari anche più minuti, sebbene risulti talvolta impersonale, nel corso del tempo si è così evoluta da divenire una sorta di marchio di fabbrica, sempre riconoscibile, di Boatto. Dunque, emerge preponderante l'uso pittorico che l'artista fa della luce: essa ha la funzione di creare vibrazioni, contrasti e riverberi che accentuano il dato della veridicità naturale, come si può notare nelle cromature delle auto, simili a specchi, che riflettono e, allo stesso tempo, deformano le immagini, ricreando in tali casi le terse luminescenze tipiche degli assolati e caldi territori dell’ovest americano. Differentemente negli scorci veneziani, nei quali i contrasti tra il chiarore ed i colori degli edifici sono ancora più accentuati dai riflessi continui dell'acqua, il pittore manifesta la sua matrice pittorica veneziana captando e facendo risaltare le umide e nebbiose arie della città lagunare.
            Oltre a tutto ciò, non va dimenticato che le opere, come puntualizza lo stesso Boatto, sono anche un surrogato visivo nel quale si può intravvedere non solo l'intenzionalità intellettuale dell'artista ma anche alcuni aspetti della sua personalità. Quest'ultima, infatti, si palesa grazie ad una strana atmosfera simbolica presente nei lavori, originata dal legame tra il processo esecutivo, che inizia con l'individuazione di un determinato soggetto concreto, passando poi ad una estrapolazione fotografica dell'immagine e concludendosi infine nella sua riproduzione pittorica, con l'aggiunta di alcune personali interpretazioni in grado di originare sottili ambiguità ed ironie, tanto care all'artista.
            Gli esiti contemporanei a cui Guerrino Boatto è giunto, è doveroso ricordarlo per non cadere in una interpretazione manieristica dei suoi lavori, non gli derivano dalla sola, seppur elevata, abilità tecnica, perfezionata scolasticamente all'Istituto Statale d'Arte di Venezia, ma sono il frutto di una lunga progressione sempre sostanziata da sensibilità, capacità, istanze culturali e tanti anni di esperienza creativa, accumulata sia nell'ambito della grafica pubblicitaria, imperniata sulla sintesi simbolica, sia in quello della vera pittura. Ed è proprio da quest'ultima che l'artista si sta nuovamente evolvendo in due direzioni: la prima si volge verso il realismo pittorico, come testimonia il suo splendido “San Sebastiano”; la seconda va verso la decodifica del settecentesco vedutismo veneziano di Canaletto e Bellotto, interpretandolo con il suo iperrealismo per coglierne le differenze.