giovedì 7 giugno 2012

Luigi Faraon

“…Io mi soffermerei sull'acquerello “Crepuscolo sul Sile” con la sua atmosfera così particolare tanto che se noi cambiassimo il titolo in “Crepuscolo sulla Senna”, potremmo tranquillamente percepirlo come uno scorcio parigino. La tecnica usata per l'esecuzione, osservando a volo d'uccello, si può perciò definire impressionista. Il soggetto diventa pleonastico grazie a questa tecnica oramai internazionalizzata. Ma se noi camminassimo idealmente dentro il dipinto scopriremmo la vera matrice del pittore, sempre presente in ogni artista, che in questo caso si manifesta nell'uso, minuzioso, del colore tonale veneto. Basti osservare l'evanescenza e la vibrazione cromatica dei lampioni che costeggiano il lungo fiume trevigiano, dove l'elemento fisico addirittura tende a scomparire, diventando solo atmosfera. Dunque quella stessa tecnica che ad un primo colpo d'occhio sembrava prettamente impressionista, cioè importata da un filone artistico straniero, in realtà si dimostra del tutto autoctona, connaturata con il nostro più intimo tessuto culturale.
In un altra opera dal titolo “Il Tramonto”, il colore si fa talmente evanescente, che l'aria è oramai divenuta magica: non vediamo più il sole cedere il passo alla notte, ma ammiriamo quasi un  capriccio veneziano fatto di fantastici riflessi…”
Con queste parole, incontravo per la prima volta le opere del Maestro ed amico Luigi Faraon; ora a distanza di qualche tempo ho l'occasione di vedere un'Antologica di altri suoi lavori, e subito scorgo la maturità tecnica, ma soprattutto spirituale, che tali operette, perché di piccolo formato, già  mostravano allora. Il pigmento è diventato ancora più vibrante e allo stesso tempo sfumato, tanto da sembrare, osservato a distanza, quasi un'altra tipologia esecutiva. Questo dimostra che Faraon  percepisce la dimensione naturale non più come rappresentazione di elementi fisici, ma come elemento spirituale. La sua sensibilità gli permette così di sublimare gli input che gli derivano dalla realtà naturale, per rappresentarli poi sulla tela con affascinanti risultati.
Complimenti Luigi! E' stimolante osservare i tuoi lavori.

Breiksa Ieva Sara

Mi è capitato più volte di vedere opere d'arte nelle quali il soggetto è ispirato dalla danza o dalla musica o addirittura talvolta dalla fusione delle due. La storia dell'Arte in tal senso offre una corposa lista di esempi illustri: si pensi al rapporto musica-pittura del russo Wassily Kandinsky, per altro valente musicista, oppure ai bronzetti di Degas raffiguranti ballerine adolescenti. Ma vi è anche un'altra via: quella nella quale l'artista stabilisce una simbiosi tra il suo fare arte ed una passione, esterna all'arte stessa, della quale egli non riesce a farne a meno e che egli non solamente osserva e studia ma pratica con accesa dedizione e continuata assiduità, tanto da piegare la sua espressività artistica alla rappresentazione quasi ossessiva del suo interesse.
L'osmosi tra l'arte pittorica e l'arte della danza ha catturato anche Ieva Sara Breiksa. E per capirlo, basta semplicemente osservare le sue opere che hanno come soggetto esclusivo il tango. Infatti ella oltreché poliedrica artista è anche valente ballerina e pratica in modo assiduo e coinvolgente sia tale tipologia di ballo sia il flamenco andaluso. Ma non è tutto. Nella traduzione sul piano iconico di questa intensa passione, Sara Breiksa alimenta costantemente la sua creatività pittorica e soprattutto la sua infatuazione verso il tango. E credo che le parole del ballerino argentino Miguel Ángel Zotto, di origine italiana, riescano ad esprimere in modo appassionante quanto sia viscerale l'amore che l'artista prova per questo ballo:  “Il tango non è maschio; è coppia: cinquanta per cento uomo e cinquanta donna, anche se il passo più importante, l' "otto", che è come il cuore del tango, lo fa la donna. Nessuna danza popolare raggiunge lo stesso livello di comunicazione tra i corpi: emozione, energia, respirazione, abbraccio, palpitazione. Un circolo virtuoso che consente poi l'improvvisazione.” E per realizzare sul piano ideale questa corrispondenza tra la sua pittura e la sua vita, Ieva Sara Breiksa si avvale di una personale tecnica pittorica derivata dalla fusione tra abilità, sensibilità, conoscenze e competenze, queste ultime maturare e traspirate frequentando le istituzioni artistiche di vari paesi quali la Lettonia, sua terra natale, la Francia dove frequenta l'Accademia di Belle Arti di Parigi) e l'Italia .
  Le sue opere quindi si caratterizzano sotto il profilo visivo dall'accostamento di campiture dai forti contrasti timbrici, create attraverso un colore materico capace di far emergere contemporaneamente sia il volume plastico nelle figure sia gli effetti chiaroscurali e di renderle scattose e spigolose così da accentuarne il dinamismo delle loro movenze. Il colore, caldo, dunque  origina e segue il passo di danza dei ballerini a tal punto che li illumina con una luce angolata per accentuarne il senso del movimento. In tal modo i corpi dei danzatori assumono la dimensione di un verismo vibrato, materico dal forte impatto plastico, quasi scultoreo, fatto di figure, passi, pose e sequenze ed ambientato in un vagheggiato palcoscenico, che se da un lato rimanda, tramite accenni, alle atmosfere di quello delle milonghe, le balere dove si pratica il tango, dall'altro, vista l'inquadratura di media altezza dove sono posizionati i corpi, ha il compito di accentuare l'enfasi dei gesti. Oltre a ciò, ogni singolo lavoro è permeato da una forte emozionalità che si focalizza nell'esaltazione di una sensualità calda, vorace e turbinosa, tipica del tango, in grado di far provare allo spettatore lo stesso coinvolgimento provato dall'artista. Talvolta il movimento delle figure e dei corpi crea coreografie composite che si muovono in più dipinti consequenziali, aumentandone il senso di attrazione e di fascinazione.
Nelle opere più recenti di Ieva Sara Breiksa, il dato realistico, seppur vibrato, sta lentamente perdendo il suo aspetto formale, per divenire libero e vorticoso colore la cui intensità giustapposta aumenta il dato intuitivo più che figurativo: lo spettatore è portato a cogliere non più il movimento del ballo quanto piuttosto la sua percezione mentale.