sabato 16 dicembre 2017

Giuliano Cardellini

Quando devo argomentare in merito all'operato di un artista, e coglierne in tal modo gli aspetti più pregni, sono solito recarmi nel suo studio. Così facendo ho la possibilità di osservare le opere, magari appoggiate in modo sparso qua e là alle pareti, percepire gli odori dei grumi di colore,  soffermarmi sui pennelli e gli strumenti adoperati per creare e, soprattutto, di dialogare liberamente con lui  di molteplici tematiche. Questa modalità, che può apparire scontata, mi permette di evadere di evadere da quella tipologia di testo-critica che si sofferma, spesso generalizzando, sulla produzione dei lavori o su singoli epigoni di un artista, per concentrarmi sul processo creativo, soffermandomi su due aspetti che lo sostanziano: quello umano-biografico e quello culturale. Ritengo questi ultimi infatti non solo funzionali, ma inscindibili, primari ed essenziali per comprendere, più che gli epigoni del suo lavoro, l'Io di un artista. Puntualizzando maggiormente, si può affermate che non mi soffermo “su l'opera che “parla” ma cerco di far parlare l'artista della sua vita e delle sue idee.
Mi interessa dunque quel “ritroso sensibile” che ogni uomo di cultura, se vero, possiede e fa emerge in occasioni non necessariamente ufficiali, come le sole mostre, bensì in dimensioni ambientali altre, fatte di momenti personali e conviviali in cui egli si apre, offrendomi in tal modo spunti di riflessione critica su ciò che è. Questo è accaduto anche con Giuliano Cardellini. Solo che questa volta per riflettere in merito alla sua arte e alla sua persona, non ho fatto la solita capatina nel suo studio in Romagna, ma ci siamo fermati più volte a conversare e discutere, naturalmente di arte e cultura. Si sono così creati  una sorta di “simposi”, già mutuati precedentemente da scambi di email, in cui sono emersi  i caratteri peculiari del suo essere prima uomo e poi artista. Infatti per Cardellini  l'arte è un sentire introspettivo in cui emerge un  vissuto legato a doppio filo con la realtà che lo circonda, in cui affiorano emozioni, sensazioni e riflessioni. Da ciò si evince la finalità taumaturgica dell'arte stessa: smuovere il pensiero dell’uomo favorendo in lui la necessità di ricercare quella bellezza e quell’equilibrio necessari per vivere meglio, perfezionandosi, e ristabilire l'armonia nel mondo. Una dimensione positiva e funzionale che serve a guarire le menti e che strizza l'occhio anche ad accenni sociali, in quanto per questo artista l'arte deve stimolare l'ascolto, l'autocritica e la condivisione ragionata sulle cose del mondo tra le persone, evadendo così dall'elitarismo e dal solo personale e soggettivo complicato.
Alla luce di quanto detto, Cardellini intende espressività, tecniche e supporti come mezzi funzionali per la realizzazione delle sue opere visive: egli, a prescindere dalle dimensioni, spazia dalla pittura alle istallazioni amalgamando ogni singola metodologia esecutiva per condensare concretamente le sue intenzionalità ideali. I suoi lavori sono dunque una sintesi creativa visiva, capace di fondere la bidimensionalità con la tridimensionalità, a cui l'artista, per renderla ancora più densa di significato, fonde assieme anche la poesia. La parola lirica con la sua valenza metaforica ed intimista aumenta le plurime significanze e le tangibilità materiche dell'opera.
 E osservando queste compenetrazioni sinestetiche che costituiscono i suoi lavori, unitamente a quanto emerso durante il nostro incontro, si evince che il soggetto ideale di Cardellini non si concentra su un unico tema sensibile, bensì sulla vita stessa in tutte le sue sfaccettature e da cui egli estrapola un filone principale: il rapporto tra interiorità e soggettività. Nella prima, egli indaga temi quali l'amore sviscerandolo e ponendolo in relazione alla contemporaneità; nella seconda, analizza argomenti, spesso negativi, che riguardano la società attuale come, ad esempio, l'inquinamento (tematica per altro posta concretamente all'attenzione della cultura e dai mass-media solo dagli anni novanta). 
E' chiaro che l'artista è immerso in una costante ricerca a trecentosessanta gradi che amalgama branche dell'arte, come il teatro e la poesia, si palesa in estemporanee, che fondono gesto pittorico a declamazioni e versificazioni, e si avvale di sapienti collaborazioni e compenetrazioni  sperimentali con altri artisti. Ed è proprio grazie a questa indagine  senza fine e sempre foriera di nuovi stimoli, che Cardellini è in grado, toccando in profondità svariati aspetti sia biografici che artistico-tecnici, di enucleare nelle opere un senso, come afferma egli stesso, di “Ben-essere” sia dell'individuo che di ciò che lo circonda: l'uomo, quindi, è capace, se è in grado di riflettere su se stesso, di guardarsi dentro e di capire i propri lati oscuri per uscire dal suo stato negativo e giungere a uno stato di felicità...di cui non può fare a meno....

Bonizza e Michela Modolo

Scorrendo le pagine dei libri di storia dell'arte è comune, oltre ai lavori dei singoli maestri, ammirare le opere di intere famiglie di artisti che hanno segnato l'arte, basti pensare a quelle veneziane dei Tiepolo e dei Ciardi, le quali hanno sicuramente portato effetti benefici al mondo della cultura. E le cause che permettono di trasmettere da una generazione all'altra questa  propensione verso l'arte sono molteplici, ma sicuramente spiccano la naturale attitudine creativa dei singoli figli e l'atmosfera sensibile, sostanziata dalla vicinanza assidua, lo scambio continuo, che essi respirano fin da bambini stando accanto a genitori e/o parenti. E questa sorta di eredità  familiare dal forte valore educativo ha caratterizzato anche la formazione artistica delle sorelle Bonizza e Michela Modolo. Entrambe infatti sono cresciute sul piano artistico accanto alla persona e all'operato del padre Bepi, noto pittore veneto, che ha sapientemente saputo guidarle negli anni della formazione, indirizzandole, verso lo sviluppo di una loro personale ricerca e stile creativo.
Per Bonizza l'arte è un “respiro che fa bene”, una necessità, un qualcosa che scaturisce da dentro l’io più recondito e che poi affiora per divenire concreta e vera testimonianza della vita vissuta di ogni giorno tanto da accompagnare sempre l'artista ed indurlo in tal modo a creare senza disonestà evitando in tal modo di falsare se stesso. L'arte dunque assume una funzione taumaturgica in quanto aiuta giorno per giorno l'uomo a vivere meglio facendo sì che esso comprenda in modo più approfondito le sue esigenze interiori e, conseguentemente, il mondo e la natura. Il soggetto ideale di Bonizza è dunque l'evocazione di questa quotidianità umana e del  paesaggio-ambiente che la circonda. E' perciò naturale che ella si indirizzi a captare il vissuto dell'uomo, inclusi anche i momenti negativi e di sofferenza, con l'intento di indurre ad una riflessione sulla realtà. Queste evocatività e riflessività non son però scontate ma inducono l'artista a scrutare all'interno dell'umanità contemporanea che, come afferma Z. Baumann, è fluida e catapultata in un turbine veloce ed incalzante dove tutto è perciò reso più difficile da dipanare e comprendere al primo colpo d'occhio. 
Bonizza dunque crede che la figura dell'artista debba essere capace di trovare la misura e la visura delle cose del mondo e essere in grado di sentire l'uomo, assumendo quasi una sorta di vocazione sociale. E per concretizzare questi suoi intenti, nel corso del tempo ha elaborato un personale mezzo espressivo in cui spiccano rimandi all'espressionismo, all'astratto, all'informale, alla gestualità nonché all'influenza dell'opera del padre. Forte di questa concezione artistica, partendo dalla figuratività pittorica, ella è giunta all'uso dell'incisione intesa come gestualità protesa alla ricerca, che le ha permesso di traslare sulla lastra in chiave metaforica gli aspetti sociali e i rimandi alla contemporaneità. Così facendo l'artista è riuscita a concretizzare la sua libertà creatività su due diversi piani di lettura ma in estrema armonia fra loro: quello sperimentale-intellettuale e quello umano, inteso come emozione e riflessione su l'uomo stesso. 
Per Michela il senso dell'arte si focalizza sulla possibilità di realizzare l'incontro degli opposti per creare un'armonia interiore. Una giusta opposizione quindi che origina un equilibrio tra “cose contrastanti e diverse” e che permette perciò di eliminare i contrasti. L'arte ha il potere di comunicare euritmia liberando l'essere umano dalla falsità in favore della comunicazione pulita che esalta la vita. Un percorso in cui l'uno, seppur diverso, incontra l'altro e dove tragedia e bellezza convivono come in una sorta di simbolici "ritmici" yin e yang. Da ciò si evince che per Michela l'arte e la vita sono indissolubilmente legate sul piano spirituale e che il soggetto ideale che le permette di rappresentare questa armonia discorde è lo spazio. Esso è da lei interpretato come luogo metafisico in cui, anche visivamente, si percepisce come l'interno si apra all'esterno e viceversa, generando un equilibrio tra visioni interiori ed esteriori e concretizzandosi nel costrutto simbolico delle finestre e dei balconi. Lo spazio diviene dunque emotivo e razionale allo stesso tempo tanto che tutto può essere capovolto in virtù della proporzione che disciplina lo spirito.  
 I mezzi espressivi usati dall'artista sono molteplici ed iniziano dalla preparazione delle tele grezze  montate sul telaio per essere poi ricoperte da un colore astratto, talvolta carpito da richiami figurativi. Michela usa dunque la linea, la campitura e le sfumature per generare uno spazio in cui la materia, originata dal segno, convive e induce al pensiero. L'artista quindi crea lavori in cui linee e  percorsi si richiamano a percettibili forme e vagheggiate stanze, protese ad esprimere attraverso la metafora ed il simbolo una condizione umana interiore, la quale conduce, dopo le crasi del vivere, allo stato  della ponderazione e alla tranquillità d'animo.