sabato 16 dicembre 2017

Bonizza e Michela Modolo

Scorrendo le pagine dei libri di storia dell'arte è comune, oltre ai lavori dei singoli maestri, ammirare le opere di intere famiglie di artisti che hanno segnato l'arte, basti pensare a quelle veneziane dei Tiepolo e dei Ciardi, le quali hanno sicuramente portato effetti benefici al mondo della cultura. E le cause che permettono di trasmettere da una generazione all'altra questa  propensione verso l'arte sono molteplici, ma sicuramente spiccano la naturale attitudine creativa dei singoli figli e l'atmosfera sensibile, sostanziata dalla vicinanza assidua, lo scambio continuo, che essi respirano fin da bambini stando accanto a genitori e/o parenti. E questa sorta di eredità  familiare dal forte valore educativo ha caratterizzato anche la formazione artistica delle sorelle Bonizza e Michela Modolo. Entrambe infatti sono cresciute sul piano artistico accanto alla persona e all'operato del padre Bepi, noto pittore veneto, che ha sapientemente saputo guidarle negli anni della formazione, indirizzandole, verso lo sviluppo di una loro personale ricerca e stile creativo.
Per Bonizza l'arte è un “respiro che fa bene”, una necessità, un qualcosa che scaturisce da dentro l’io più recondito e che poi affiora per divenire concreta e vera testimonianza della vita vissuta di ogni giorno tanto da accompagnare sempre l'artista ed indurlo in tal modo a creare senza disonestà evitando in tal modo di falsare se stesso. L'arte dunque assume una funzione taumaturgica in quanto aiuta giorno per giorno l'uomo a vivere meglio facendo sì che esso comprenda in modo più approfondito le sue esigenze interiori e, conseguentemente, il mondo e la natura. Il soggetto ideale di Bonizza è dunque l'evocazione di questa quotidianità umana e del  paesaggio-ambiente che la circonda. E' perciò naturale che ella si indirizzi a captare il vissuto dell'uomo, inclusi anche i momenti negativi e di sofferenza, con l'intento di indurre ad una riflessione sulla realtà. Queste evocatività e riflessività non son però scontate ma inducono l'artista a scrutare all'interno dell'umanità contemporanea che, come afferma Z. Baumann, è fluida e catapultata in un turbine veloce ed incalzante dove tutto è perciò reso più difficile da dipanare e comprendere al primo colpo d'occhio. 
Bonizza dunque crede che la figura dell'artista debba essere capace di trovare la misura e la visura delle cose del mondo e essere in grado di sentire l'uomo, assumendo quasi una sorta di vocazione sociale. E per concretizzare questi suoi intenti, nel corso del tempo ha elaborato un personale mezzo espressivo in cui spiccano rimandi all'espressionismo, all'astratto, all'informale, alla gestualità nonché all'influenza dell'opera del padre. Forte di questa concezione artistica, partendo dalla figuratività pittorica, ella è giunta all'uso dell'incisione intesa come gestualità protesa alla ricerca, che le ha permesso di traslare sulla lastra in chiave metaforica gli aspetti sociali e i rimandi alla contemporaneità. Così facendo l'artista è riuscita a concretizzare la sua libertà creatività su due diversi piani di lettura ma in estrema armonia fra loro: quello sperimentale-intellettuale e quello umano, inteso come emozione e riflessione su l'uomo stesso. 
Per Michela il senso dell'arte si focalizza sulla possibilità di realizzare l'incontro degli opposti per creare un'armonia interiore. Una giusta opposizione quindi che origina un equilibrio tra “cose contrastanti e diverse” e che permette perciò di eliminare i contrasti. L'arte ha il potere di comunicare euritmia liberando l'essere umano dalla falsità in favore della comunicazione pulita che esalta la vita. Un percorso in cui l'uno, seppur diverso, incontra l'altro e dove tragedia e bellezza convivono come in una sorta di simbolici "ritmici" yin e yang. Da ciò si evince che per Michela l'arte e la vita sono indissolubilmente legate sul piano spirituale e che il soggetto ideale che le permette di rappresentare questa armonia discorde è lo spazio. Esso è da lei interpretato come luogo metafisico in cui, anche visivamente, si percepisce come l'interno si apra all'esterno e viceversa, generando un equilibrio tra visioni interiori ed esteriori e concretizzandosi nel costrutto simbolico delle finestre e dei balconi. Lo spazio diviene dunque emotivo e razionale allo stesso tempo tanto che tutto può essere capovolto in virtù della proporzione che disciplina lo spirito.  
 I mezzi espressivi usati dall'artista sono molteplici ed iniziano dalla preparazione delle tele grezze  montate sul telaio per essere poi ricoperte da un colore astratto, talvolta carpito da richiami figurativi. Michela usa dunque la linea, la campitura e le sfumature per generare uno spazio in cui la materia, originata dal segno, convive e induce al pensiero. L'artista quindi crea lavori in cui linee e  percorsi si richiamano a percettibili forme e vagheggiate stanze, protese ad esprimere attraverso la metafora ed il simbolo una condizione umana interiore, la quale conduce, dopo le crasi del vivere, allo stato  della ponderazione e alla tranquillità d'animo.

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