martedì 7 marzo 2017

Silvio Giovanni Viola

Osservando le opere di Silviogiovanni Viola, si comprende come egli sia un artista eclettico e versatile. Infatti meditando sulla variabilità di dimensioni, di tecniche e, soprattutto, di temi che esse presentano si evince come questo artista non abbia un soggetto ideale unico e definito da indagare, ma si concentri su tutto ciò che attiri la sua attenzione e la sua riflessione. Così facendo   Viola si pone in costante ricezione verso il mondo, sia esso tangibile e concreto o interiore e spirituale. Questo suo ascolto è così lato da contemplare anche l'imprevisto purché esso sia foriero di produttività consapevole e sia libero dalla casualità e perciò dalla banalità.
L'arte quindi per Viola assume una dimensione totalizzante e diviene fine ultimo e supremo capace di trasformare l'uomo in suo strumento creativo. Tale concetto lo avvicina agli esiti dell'estetismo (si veda il testo di Ugo Spirito La vita come arte del 1937), in cui l'arte travalica la dimensione di interpretazione della realtà e impegno sociale per concentrarsi sullo sperimentalismo, sull'atto creativo e, sul piano ideale, sulla ricerca della bellezza. Infatti Viola, seppur non evadendo dalla realtà, attribuisce a quest'ultima la proprietà taumaturgica di cambiare, e quindi evolvere, il mondo, scardinando l'esistente compassato grazie alle sue potenzialità estetiche e morali. Ed il protendersi verso di essa sprona l'artista a tentare di superare sempre se stesso, creando lavori sempre nuovi e liberi da altri rimandi culturali e da ritrosi artistici. Ma non è tutto. La bellezza  induce dunque il pittore, da un lato, ad  usare qualsiasi mezzo per raggiungere il proprio fine e, dall'altro, a guardare verso il futuro continuando, come afferma egli stesso, “a dar voce a quella realtà che non è rappresentata dalla pittura formale”. 
E per concretizzare in piena libertà le sue opere, Viola si è avvalso di una sua personale concezione pittorica, nella quale si compenetrano molteplici tecniche esecutive partendo da quelle accademiche per giungere a quelle più contemporanee e che gli permettono di creare in estrema libertà. Anzi, proprio per essere ancora più duttile, ha fatto ricorso a un sottofondo vicino agli esiti realizzativi del surrealismo, senza però rimanere prigioniero, in quanto, come in tale movimento artistico, una delle sue peculiarità è la possibilità di essere estremamente poliedrico sul piano tecnico-esecutivo.  
E' chiaro che il perseguire un'idea di arte capace di far “assaporare all'uomo un attimo di eternità”, allontana l'artista dalla mercificazione contemporanea, per avvicinarsi, in modo quasi colloquiale, in direttamente allo spettatore e stabilire con esso un rapporto pregno, come testimoniano le sue future volontà di creare un'opera pittorica “interattiva” che coinvolga anche fisicamente lo spettatore.
Viola dunque, attraverso gli incantesimi propri solo dell'arte, dà vita ad opere sempre nuove che si aggettano verso il futuro nel tentativo di liberare l'essere umano dalle contingenze contemporanee per regalargli inaspettati e pregni momenti che mai, causa schemi mentali precostituiti, avrebbe pensato di intravedere e soprattutto di provare. 

Edoardo Pilutti

Il modo della creatività odierna, come del resto la società attuale, è oramai così immerso nella fluidità che tutto può essere considerato arte. Infatti, facendo riferimento anche alle parole di Z. Bauman, i punti fermi in ambito creativo si sono veramente assottigliati. Sulla scorta di quanto detto, è chiaro che definire il concetto di arte oggi non è facile ma è altrettanto palese che se un artista non è intellettualmente onesto con se stesso e non ha un obiettivo chiaro, rischierà di cadere in una dimensione di autocompiacimento, magari estetico, autoreferenziale e sicuramente poco, o per nulla, incidente sulla realtà. Dunque un artista, per essere tale, deve possedere delle volontà intenzionali, sostanziate sul piano culturale, che gli permettano di agire consapevolmente, a prescindere dalla fama, spesso solo mediatica.  
  Esaminando le opere di Edoardo Pilutti, e dialogando con lui, si comprende come egli abbia istanze intellettuali ben consolidate che persegue assiduamente. Infatti, partendo da una definizione di arte intesa come mezzo per riuscire a cambiare il mondo, e tenendo conto dei molteplici fattori pertinenti alla creatività, egli si propone con la propria interiorità di influenzare l'uomo per indurlo ad un cambiamento in ambito sociale. E per rappresentare questa positiva mutazione, egli cerca di far emergere il senso, o meglio l'anelito, della vita che si nasconde nella natura, sia essa microscopica, cioè nascosta e celata nel mondo vegetale o animale, oppure macroscopica perché incarnata nell'essere umano. Quest'ultimo infatti assume per il pittore una dimensione talmente grande da divenire sacrale ed ammantarsi di stupefacente mistero. Ed è proprio questo arcano, così indefinito, che si nasconde dentro il senso della vita a sollecitare Pilutti verso il continuo tentativo di carpire, come afferma, quel “qualcosa in più in merito a questo spirito vitale che sta alla base di tutto”. Nel rappresentare l'essere umano, l'artista cerca dunque di indagare, da un lato, il legame indissolubile che lega la psiche al corpo e, dall'altro, di porre l'attenzione sul rapporto tra il mondo maschile e quello femminile, in particolar modo nella contemporaneità, sottolineandone l'incomunicabilità.
  Questi tentativi di comprendere il rebus della vita biologica, anche ai suoi livelli più bassi, e le incomprensibilità umane, Pilutti li ha iconizzati rappresentando paesaggi montani e soleggiati scorci marini, apparentemente incontaminati e solitari ma brulicanti di vita, o ritraendo figure umane inserite in sfondi mimetici ideali. E per accentuare senso di enigmaticità, egli ammanta le sue opere con un'atmosfera metafisica, che pervade tutto, dipinge corpi mutili con sguardi che non comunicano né parlano fra loro, sembrando separati e assenti, trasforma la figura umana in una  sorta di kouros greco che si protende ad ideale, ma purtroppo mutila, perfezione, evadendo dalla realtà mimetica, e, infine, arricchisce lo sfondo con resti archeologici che recano scritte in greco antico. Il rimando all'arte classica, oltre a rimarcare reminiscenze scolastiche, costituire per l'artista una possibilità intellettuale ancora attuale e capace di confrontarsi con gli esempi più estremi dell'arte attuale, e perciò la ritiene quale fonte inesauribile di sollecitazioni e di contribuzioni  per la costruzione delle sue opere.    
Il mezzo espressivo usato dal pittore per rappresentare le sue volontà creative si struttura su una sua personale interpretazione del realismo simbolico, tanto che i corpi sono trattati come sculture abbozzate, perché da intendersi come idealizzati nel loro significato. Il tutto è poi esposto su un accattivante uso della pittura veneta, impostata su una tavolozza di colori primari, privi del nero, che creano vibranti macchie. Oltre a queste peculiarità pittoriche, l'artista aggiunge  rimandi che appartengono ad altre branche artistiche, come la fotografia e la calcografia, atte a rafforzare sul piano visivo l'intensità del messaggio. 
Osservando le opere in mostra presso la galleria L. Sturzo a Mestre, si può comprendere in modo esaustivo come Pilutti cerchi di fornire risposte alle insondabilità che si nascondono dietro il senso della vita e che da sempre accompagnano ed attraggono l'uomo.

Cukon, Nevola, Pujia

E' veramente interessante la mostra collettiva che si è inaugurata presso la galleria “L. Sturzo” a Mestre. Una pittrice, una ceramista ed una designer di gioielli, grazie ad un accattivante amalgama espositivo dei lavori, hanno mostrato al pubblico le tematiche più importanti delle loro ricerche artistiche, quali: l'interiorità, l'impulso creativo, la curiosità, l'eclettismo tecnico, l'introspettività, il sentimento e l'universo femminile.
Visitando l'esposizione gli spettatori hanno avuto il modo di compiere un percorso ideale nel quale è stato possibile osservare un'interessante compenetrazione tra vari ambiti creativo-esecutivi e, soprattutto,  di poter comprendere i reconditi messaggi che questi celano.
La ricerca di Romina Cukon si incentra sulla rappresentazione dei paradossi umani che caratterizzano la nostra società, soffermandosi, in particolare, sulla donna. Quest'ultima è infatti il soggetto che più di ogni altro incarna queste contraddizioni: infatti, se da un lato, ella riveste ruoli concreti e di importanza sensibile nel mondo, dall'altro, in particolare nel mondo dei mass media e delle riviste patinate, diviene surrogato alterato, irreale, privo di contenuti e concretezza. E per iconizzare queste sue istanze, la pittrice si serve di una dicotomia pittorica e di una personale interpretazione del rapporto tra il soggetto e lo sfondo, il quale è inteso come non-spazio, atto ad esaltare maggiormente sul piano visivo queste incoerenze. Tale rappresentazione della figura femminile permette anche all'artista di indagare dentro se stessa e di continuare a soddisfare la sua innata curiosità intellettuale.
Elisabetta Nevola usa le grandi potenzialità esecutive della ceramica per concretizzare la sua intensa creatività e soprattutto poter godere dei sensibili e pregni momenti che la materia le regala durante la fabbricazione dei suoi gioielli. Essi, infatti, si possono definire come dei piccoli atomi carichi di energia in cui l'iniziale osservazione della natura da parte dell'artista, grazie ad un variegato eclettismo tecnico-realizzativo che mescola diversi materiali, si  trasforma per condensarsi su minute forme ideali, talvolta mescolate a zoomorfismi, dalla piacevole valenza estetica, e, soprattutto dal forte significato simbolico.
Profondamente intimista, Katrin Puja usa il suo estro creativo per infondere nella materia, grazie alla duttilità della ceramica, tutto ciò che ella riesce a captare osservando la natura. Quest'ultima grazie alle sue diversità, umana e animale, e alle sue mutevolezze diviene viatico sensibile che permette all'artista di creare sia soggetti realistici, o simbolici, sia oggetti di uso comune. La dimensione naturale in tutta la sua complessità, oltre a offrire sempre nuovi ed affascinanti spunti creativi, mette a disposizione della ceramista anche gli elementi fondanti che la costituiscono, quali la terra, l'acqua, l'aria e il fuoco, permettendole in tal modo di plasmare le sue opere. Sculture, piatti, vasi ed oggettistica varia sono dunque l'esito finale di un percorso in cui l'interiorità di Katrin Puija si mescola con il suo fare artistico, permettendole di carpire dal reale che la circonda sensazioni di felicità e contentezza.   

Raffaella Campolieti

Se si potesse riassumere con poche parole l'ammirazione che Raffaella Campolieti rivolge al mondo della donna, basterebbe considerare quanto dice Mark Twain: “Che cosa sarebbe l’umanità, signore, senza la donna? Sarebbe scarsa, signore, terribilmente scarsa.” Affermo questo perché l'artista ha eletto come tema fondamentale della sua opera la donna. Infatti di quest'ultima la pittrice vuole sottolineare il coraggio, l'elasticità e l'impegno nell'affrontare la vita in tutte le sue sfaccettature, siano esse positive, che, soprattutto, disagevoli e pericolose. L'intento quindi della pittrice è dunque quello di analizzare la donna sottolineandone, da un lato, la sua necessitarietà per i molteplici ruoli che essa ricopre, come ad esempio quello di madre e moglie, e, dall'altro, il suo concreto impegno all'interno della società contemporanea, allontanandosi in tal modo dal femminismo di facciata e dal vacuo edonismo massmediatico. Il desiderio di infondere alle sue donne questa concretezza consapevole è così forte da immedesimarsi con esse. 
Per rappresentare sul piano iconico le sue volontà ideali, l'artista ha voluto ammantare le figure femminili di infiniti piani interpretativi, come se questi richiamassero i ruoli della vita reale. E per far ciò, ha creato uno stile personale, fatto di brevi tratti sui quali ritorna più volte con pennelli piccoli, con il quale delinea un singolare ritratto della donna che, colta frontalmente ma con lo sguardo che evade quello dello spettatore, sembra emergere da uno spazio infinito. In tal modo la pittrice crea un'atmosfera in cui il concreto si confonde con il metafisico e dove il soggetto è così sospeso a mezz'aria tra la concretezza della terra e l'ineffabilità del cielo (“una sorta di reale astratto”), da indurre lo spettatore ad immaginare e fantasticare sulla figura femminile che ha d'innanzi. Oltre a ciò, per aumentare questa evasione riflessiva in chi guarda le sue opere, l'artista  riveste le sue donne di un paradosso visivo il quale si sfonda, da un lato, su una fascinosa  idealizzazione dei volti e, dall'altro, su una storicizzazione degli indumenti e dei particolari che vestono la figura. Ma non è tutto. Queste “figure” femminili, come capita a molti artisti, sono anche da intendersi quali trasposizioni di un amalgama in cui emerge l'Io più profondo dell'artista e la sua  sua biografia. Infatti l'espressione malinconica e nostalgica che si evince osservando quegli icastici  sguardi, altro non è che la trasposizione interpretata degli stati d'animo inerenti situazioni e fatti vissuti dall'artista lungo lo scorrere della sua vita.
É proprio questa dimensione rivolta al ritroso del tempo passato che, inconsciamente, ha portato la pittrice a stabilire delle similitudini fra la sua pittura e l'opera e la vita dello scrittore Marcel Proust. Campolieti trasforma il letterato francese, oltre che in un soggetto ideale, in un grimaldello che le permette di riportare in vita i ricordi della sua biografia, tanto che ella sofferma la sua attenzione su alcuni personaggi che l'hanno particolarmente colpita. Infatti, scavando dentro la loro psiche ed interpretandone le caratteristiche interiori, ha scoperto come queste ultime siano comuni anche alla sua dimensione interiore tanto da creare una sorta di osmosi tra le sensazioni e le emozioni dei protagonisti proustiani e lei stessa. Non va dimenticato che l'artista, prima di raffigurali, sottopone i protagonisti dei romanzi e le persone reali che si sono relazionate a Proust, nonché l'autore stesso, ad un'attenta analisi storica in modo da ancorarli al vissuto dell'epoca.
Concludendo, se si osservano le opere di Raffaella Campolieti si comprende come i suoi soggetti, siano questi figure femminili ideali o persone realmente esistite, avendola affascinata (si veda il ciclo dei Borboni di Napoli), sono tutti protesi a far emergere un'introspettività psicologica capace di stabilire un legame con quella di chi li osserva, creando in tal modo una condivisa atmosfera sensibile. E questo credo sia il tema dominante dell'esposizione inaugurata presso la Galleria L. Sturzo di Mestre: i ritratti incentrati su Proust, unitamente a quelli di scrittori ed artisti ad esso coevi, non sono da intendersi come modelli realistici ma quali stilizzate, e perciò simboliche, figure che divengono tramite per rievocare, patendo da rimandi storici, infinite sensazioni e riflessioni sia nell'artista che nell'osservatore. 

Iris Bernardi

Alcune opere, nel corso della storia, hanno assunto un'importanza così forte da essere considerate come punti di riferimento e di ispirazione dell'umanità. Basti pensare alla Gioconda di Leonardo che, a buon diritto, si può ritenere una delle pietre miliari non solo dell'arte ma dell'intelletto umano. Tale importanza non appartiene solo a opere visive, come pittura o la scultura, ma a tutto quello che attiene alla cultura, come teatro, musica, letteratura, architettura e poesia. La fama di un'opera d'arte è dunque motivata dalla capacità di essa di essere apportatrice di innovazioni, di ispirazioni e, soprattutto, di stabilire correlazioni e affinità sensibili che amplificano il senso di comprensione e anche il godimento con altre forme d'arte. Perciò può capitare che una persona mentre osserva la sopracitata Gioconda, soffermandosi su un suo minuto particolare, sia portata a riscontrare delle somiglianze con altre opere meno conosciute. 
Certo la Gioconda è sempre la Gioconda e la sua popolarità è acclarata da secoli,  ma questo ci conferma quanto sia istintivo per l'uomo stabilire connessioni tra le varie opere e le multiformi modalità artistiche. E questo interscambio è veramente fondamentale per l'arte, in quanto il trasporto generato verso grandi opere da parte di una persona appassionata è foriero di una conseguente e sostanziale comparazione con altri lavori portando perciò verso una maggiore comprensione di questi ultimi.
Tale accostamento tra opere di diversi ambiti si matura anche quando si osserva la pittura calligrafica di Iris Bernard, incentrata sulla rappresentazione della sua montagna. Vengono in mente  infatti diverse inferenzialità sensibili con alcune pregne parole scritte nei versi dell'immortale “Infinito” di G. Leopardi, in cui il valore intimista raggiunge livelli universali e condivisi da tutti gli uomini. Questi vocaboli, seppur interpretati ed estrapolati, divengono simbolici grimaldelli che  permettono di cogliere al meglio l'interpretazione delle opere della pittrice. Effettivamente ella è così intimamente legata al luogo in cui vive da esserle “sempre caro mi fu quest'ermo colle”, tanto da dipingere “interminati spazi” immersi in “sovrumani silenzi,” che le regalano “profondissima quiete”, anche quando dipinge “le morte stagioni” in particolare l'autunno e l'inverno, facendole sovvenire quel senso di “eterno” capace di indurre alla riflessione, esaltato dall' “infinito silenzio” che solo la neve riesce a creare, abbattendo i rumori e ovattando il paesaggio.  I versi del poeta di Recanati sono dunque da intendersi quali rafforzativi delle meditabonde e dolci melanconiche visioni della pittrice, a volte esaltate anche da poche e isolate case immerse nella coltre bianca o solitari alberi in primo piano. E anche quando il gelo cede il passo alle vibrazioni delle stagioni primaverili e estive, si scorgono ancora i versi di un altro Idillio di Leopardi, come si percepisce in alcune visioni notturne in cui campeggia una solitaria luna che le “giova la ricordanza, e 'l noverar l'etate”. 
L'associazione di idee con un'opera d'arte poetica, in questo caso leopardiana, offre quindi  all'osservatore un piano di lettura ancora più ampio delle opere visive di Iris Bernard, in particolare permette di cogliere la bellezza interiore che esse celano perché pervase da atmosfere evanescenti in cui si captano calma, serenità e ricordi legati alla propria terra.