giovedì 16 aprile 2015

Ivo Mosele

Molti artisti, nel corso della loro carriera, hanno cercato di individuare una modalità creativa, o una peculiarità pertinente al proprio lavoro, che li rendesse identificabili e riconoscibili da più persone e perciò ricordati nel tempo. Insomma pittori, scultori, incisori, poeti ed architetti, solo per citare alcune classificazioni, hanno cercato, attraverso la concretizzazione del loro messaggio intellettuale, di lasciare la propria traccia nella storia. Il ricordo e l'attribuzione sono  dunque fondamentali per un artista e questo ce lo rammenta anche Ugo Foscolo, che nel sonetto “A Zacinto”, afferma che l' “inclito verso” di Omero è così importante, visti il suo valore testuale nonché  la grande reiterazione dei poeti, da renderlo lungo lo scorrere del tempo...immortale. 
Questa situazione si verifica anche oggi a prescindere dai mezzi e dai linguaggi usati nell'arte e indipendentemente dal fatto che questi siano “tradizionali”, come la pittura ad olio, o “contemporanei”, come performaces, provocazioni e arte multimediale.  
            Anche Ivo Mosele, avvalendosi della tecnica incisoria alla maniera nera, unitamente alle sue intenzionalità culturali ed artistiche, è riuscito a creare uno stile personale che lo ha reso riconoscibile e perciò, possiamo dirlo, inclito, ovvero degno di fama. Tale distinguibilità in lui si è resa ancora più evidente dalla volontà di usare come proprio mezzo espressivo una tecnica calcografica diretta, la maniera nera appunto (inventata dal pittore dilettante tedesco  Ludvig von Siegen 1609-1680), che dalla metà del XIX secolo è stata sempre meno praticata, perché considerata, scioccamente, strumento non più capace di generare arte, e di evolverla attraverso una sua personale e ponderata rielaborazione, rendendola più che mai funzionale. 
            Dunque per comprendere in modo esteriore perché Ivo Mosele sia ritenuto inclito è sufficiente ammirare a colpo d'occhio i suoi splendidi lavori; ma se si vuole intuire in profondità il senso di questo aggettivo, è necessario capire il ritroso che si cela dietro ogni opera, il quale per altro ci permette di intenderla in modo pregno, e cogliere quali sono le intenzionalità e le idee che costituiscono il mondo creativo di questo artista, a partire dal significato primo di Arte. Quest'ultimo infatti per egli si sostanzia nella ricerca di armonia ideale, tesa a permettere al fruitore di comparare elementi divergenti fra loro all'interno di uno stesso tema e, interpretando alcune riflessioni di Socrate nel “Ippia Maggiore”, di manifestare, come afferma S. Zecchi, una “convenienza, ovvero un rapporto tra le parti e il tutto, in cui l'unità s'impone sulla molteplicità delle parti”. Perciò l'armonia è in grado di ordinare gli elementi ad un livello tale che chi li guarda può stabilire una relazione con le volontà dell'artista.  Ma  non è tutto. Infatti, oltre all'armonia, che secondo il testo e la filosofia socratica è uno degli elementi che compongono la triade dalla quale trova origine il senso del bello, all'artista, per completare la sua idea di arte, interessano anche gli altri due elementi: la simmetria, per l'equilibrio tra due elementi, e la regolarità, intesa come ripetibilità di un elemento.
            Conseguentemente, Mosele vede nell'arte anche la possibilità di mostrare riflessioni e sentimenti, stati d'animo, contrarierà e disagi interiori sulle cose del mondo, sia che queste appartengano alla quotidianità più banale o ai grandi universali dell'uomo, cercando di far emergere il proprio pensiero su di esse e di proporlo, sotto forma di dialogo, allo spettatore. Ma l'opera di Mosele non è di semplice comprensione, infatti, come avverte egli stesso, l'osservatore deve possedere una “grammatica” visiva che gli permetta di andare al di là del banale approccio per poter carpire ciò che egli pensa su un determinato argomento delle cose della vita. Infatti l'artista nel tentativo di offrire molteplici angolazioni su un ideale soggetto colto dalla realtà, si avvale di un suo personale mezzo espressivo, che a buon diritto si può considerare il suo stile. Esso si struttura su un'intima interpretazione del surrealismo, movimento da cui è attratto fin da giovane, che egli intende come un processo psichico attraverso cui poter associare liberamente all'interno di un'unica opera immagini differenti, senza freni sociali o culturali, esaltate da ironia e paradossalità, qualità tipiche della sua personalità, a cominciare dal titolo, spesso in apparente disaccordo logico con il lavoro. Così facendo, l'artista crea una sorta di racconto sempre in evoluzione il quale, partendo da un'idea “pescata dalla vita” come egli stesso afferma, lentamente si evolve, si fonde, si trasla per originare uno sfaccettato universo iconico in cui, da un lato, è sempre possibile individuare le tracce delle figurazioni precedenti, grazie ad un attento ensamble di trasparenze tra le immagini accostate, e, dall'altro, si può cogliere l'insieme armonico sia visivo sia concettuale che questo apparente marasma racchiude.
            Lungo lo scorrere del tempo, e soprattutto in quest'ultima fase creativa, i suoi lavori si sono anche arricchiti di una costellazione di simboli che, intrecciandosi, apparendo e scomparendo all'interno  di una stessa lastra, hanno amplificato il conturbamento dell'opera.
            L'osservatore dunque davanti ad una incisione di Mosele, sebbene egli non percorra nessuna intenzionalità sociale diretta, non può che rimanere educato, nel senso di essere attirato, provando curiosità, ansia, angoscia, divertimento, insomma forti emozioni e sensazioni suscitate dalle riflessioni che l'artista gli pone sotto gli occhi. Questo accade perché egli per mostrare il suo punto di vista sulla realtà che lo circonda, chiama in causa le sue tre componenti fondamentali: la natura, l'uomo e i prodotti-manufatti di quest'ultimo. L'impiego di questi soggetti, a cui ha attribuito, o da cui ricava valori e spunti, quali la onnipresente positività nel primo e la variabilità negativa e/o positiva generata dal secondo e/o provocata dal terzo, permette all'artista di mostrare il suo pensiero, spesso espandendolo e variegandolo tramite la serializzazione implicita nella tecnica della “sua” maniera nera. Quest'ultima però non è il solo mezzo tecnico espressivo che Mosele conosce. Egli è infatti eccellente pittore e calcografico versatile, ma la maniera nera è parte integrante della sua creatività per concretizzare i suoi intenti artistici, e l'ha scelta come strumento prediletto proprio perché essa gli permette sia di riprodurre velocemente evadendo dalla sua puntigliosa e particolareggiata pittura (infatti mentre lavora si fa anche influenzare dalla musica in sottofondo stabilendo in tal modo sintonie con i soggetti dei suoi lavori) sia di trasferire il tonalismo sulla lastra, gradando i grigi. Così facendo, partendo da un'iniziale emozionalità dovuta all'inizio creativo, Mosele riesce a controllare o, per meglio dire, possedere, l'evoluzione dei suoi lavori, anche quando essi appaiono casuali.
            Concludendo, credo che la mostra che si è inaugurata presso la Galleria “Luigi Sturzo” a Mestre, dal titolo “Tracce e trasparenze”, offra al pubblico non solo la possibilità di rendersi conto del virtuosismo di Ivo Mosele nel campo incisorio, ma anche di come egli per la sua profondità intellettuale ed il suo stile inconfondibile si possa definire, senza timore di essere smentiti, un artista di “inclita” individuabilità.