lunedì 6 giugno 2016

Jnte Jag

“Irriverente...dissacrante...le sue opere mi turbano!” Queste potrebbero essere le parole che un  osservatore pronuncerebbe osservando una foto di Inte Jag. Ed anch'io non ho difficoltà a condividerle... anzi ne aggiungerei altre più scioccanti! Così facendo, sicuramente, avrei contribuito a “fare il suo gioco”. Affermo questo perché Inte Jag è un artista che, anche contro le apparenze, vuole bene all'uomo contemporaneo e nutre verso di esso una vera e propria filantropia (da intendersi nel senso vero del termine) perché cerca di fargli comprendere i paradossi, le imperanti contraddizioni e le mistificazioni megafoniche del tempo in cui egli vive. Ma per far ciò, l'artista  non ha scelto la via facile della sola testimonianza rappresentata, spesso edulcorata, senza esporsi troppo, bensì ha deciso di percorre l'irta salita della raffigurazione del lato crudo della realtà e della vita, anche a costo di creare rigetto, allontanamento e diniego da parte del pubblico.
L'intento dell'artista è usare la creatività come grimaldello per smuovere le menti e gli animi delle persone: avvalendosi, appunto, di una modalità irriverente, quasi aggressiva, nonché scandalosa le costringe a svegliarsi dal torpore in cui sono immerse per poi indurle alla riflessione, ad una presa di coscienza sulla deriva del mondo, in modo da maturare in esse il senso della necessità di porvi rimedio. Da tali intenzionalità, si comprende come Inte Jag sia un intellettuale impegnato che crede in un'arte dalla funzione sociale, perché intesa quale mezzo per cambiare il mondo, e dalle finalità educative, in quanto atta prima a scuotere l'osservatore per poi indurlo a pensare con la propria testa. Anche l'adozione dello pseudonimo, traducibile dallo svedese come “Non sono io”, dimostra come per egli sia sostanziale evidenziare le doppiezze, le schizofrenie, spesso mascherate da perbenismo, che pervadono la contemporaneità, sottolineando in tal modo quanto mai siano attuali le tematiche già evidenziate da L. Pirandello inerenti la crisi dell'Io. Oltre all'evocatività misteriosa racchiusa nelle parole del suo nome d'arte, si comprende come l'artista sia coinvolto in prima persona sia nel dipanare le brutture della vita, sia, soprattutto, nel combatterle coraggiosamente sfidando tutte le convenzioni.
Le armi scelte da Inte Jag per concretizzare queste azioni destabilizzanti contro la compassata futilità, sono la metafora e l'ironia. Con la prima, egli trasferisce il significato da un'immagine all'altra caricandola di espressività, mentre con la seconda, amplia questo contenuto sino ad arrivare alla manifestazione del suo contrario. L'artista, infine, per aumentare il senso di denuncia nonché la dissacrazione dei falsi miti, infonde alle sue opere anche rimandi o elementi comici, risibili e sarcastici a costo di divenire, fintamente, sacrilego e blasfemo.
Il fotografo mette così in discussione la falsità, i bigottismi, le scintillanti luci della mondanità ed i tabù idioti iconizzando quella “società fluida”, descritta dalle tesi del sociologo Z. Bahuman, oramai vuota perché priva della propria essenza, mancante di valori positivi e traboccante di ipocrisia. Ecco perché, nei suoi lavori, la natura, l'uomo, gli oggetti e gli animali  divengono soggetti di un “girotondo di anime perse” che danno vita a pose assurde, paradossali teatrini ed accostamenti apparentemente demenziali in cui anche il più piccolo particolare grida al pubblico le folli sclerotizzazioni del mondo d'oggi.
E' doveroso sottolineare che, sebbene le opere possano apparire esagerate, esse non rasentano mai la volgarità gratuita: infatti l'artista non cade nel laido e nel banale perché tutto il suo agire è frutto di una attenta e studiata progettualità, come testimonia il ciclo “Ecce homo”, in cui, anche quando le rappresentazioni sembrano mostrare un certo sadismo, non sfociano in inutili provocazioni ma sono da intendersi come narrazioni dei raccapricci dell'oggi. Ed a confermare questa attenzione nell'elaborazione e nella cura presente nei suoi lavori si aggiunge l'atmosfera surreale, spesso quasi da sogno horror e gli accenti simbolici che essi emanano.
Concludendo, credo che Inte Jag, nonostante mostri il lato oscuro dell'uomo, non ne sottolinei mai l'ineluttabilità ed il declino, ma abbia ancora speranza in lui e perciò tenta di offrirgli una via d'uscita la quale, però, appare tanto scioccante quanto sono le aberrazioni di quest'ultimo.