domenica 28 giugno 2015

Enrico Covelli

       Enrico Covelli è senza ombra di dubbio un artista intimista, perché concepisce l'arte come un suo stato interiore in continua mutazione ed evoluzione tale da favorire una comunicazione viva tra lui e le altre persone. Ecco perché durante tutta la sua giornata, egli è pervaso da pensieri, stimoli euforici, energia e pulsioni tanto intensi, che sente la necessità di concretizzarli il più velocemente possibile sulla tela. E' così percorso da questi tumultuosi stati d'animo che si ritrova a dover dipingere anche di notte: questo infatti è proprio il momento da lui individuato come congeniale in quanto l'attutimento dei rumori e l'allontanamento dalle confusioni del giorno gli favoriscono la concentrazione. Ma non solo. Lo scorrere delle ore e l'avvento dell'alba mutano in lui la percezione della luce e dei colori provocandogli sensazioni così forti che, giunta mattina, egli si trova a trarre dal quadro nuovi spunti creativi rispetto a quelli iniziali.
Questo suo agire così istantaneo, che lo porta a  catalizzare sulla tela i pensieri, favorisce uno sperimentalismo ideale e creativo, il quale si focalizza in particolare sulla ricerca di nuove forme dall'impianto sia simbolico che emozionale. Le sue opere quindi sono da intendersi come un'istantanea del suo Io più profondo, fatto di intimità, riflessioni ed a volte anche irrazionalità, che si mostra poi al fruitore per stabilire un legame affettivo in grado di sollecitare il suo cuore e la sua anima. Ulteriore conferma di come l'arte sia legata a doppio filo con la biografia dell'artista la si riscontra nell'individuazione della donna come soggetto ideale: ella, oltre a diviene simbolo sia di spiritualità che viatico di interazioni interpersonali, quando è raffigurata in trilogia, cela o manifesta, in base alle necessità evocative, una dimensione prettamente familiare che si identifica nell'idealizzazione delle sue tre figlie, alle quali egli è molto legato. Questo archetipo femminile è così profondamente radicato in Covelli da divenire per lui fonte di ispirazione nonché soggetto da  amalgamare con eventuali altri temi.
Così facendo, l'artista mostra una notevole versatilità e volontà espressiva, che egli declina principalmente su due versanti: l'uno figurativo e l'altro astratto. Nel primo modo, l'artista, raffigurando personaggi suggestivi o protagonisti di racconti d'evasione per ragazzi, provenienti da favole, fiabe e fumetti americani, è alla ricerca di un'aura contemplativa che possa far distrarre le persone di ogni età, perciò anche lui stesso, dalle brutture della realtà concreta, e catapultarle in un mondo meraviglioso, leggendario ed epico che infonda sicurezza e felicità. Nel secondo modo, egli, per la semplicità, l'immediatezza e la velocità esecutive, invece può liberarsi delle proprie irrequietezze interiori, che altrimenti esploderebbero al suo interno, e dar sfogo ai suoi impeti. Se  nella modalità verista trasognante l'artista anela a conturbanti e rasserenanti istanze, in quella astratta sembra individuare una formula terapica per quello che il suo animo non è riuscito a far  defluire e decantare, in modo da giungere ad una catarsi che egli assapora alla conclusione dell'atto creativo.
Grazie alla capacità di incanalare sul supporto questa sua energia propulsiva nonché di esternare il suo piacere pittorico, Covelli, sul piano comunicativo, riesce a colpire anche l'io dello spettatore, traviandolo. Questo gli riesce, in particolar modo, nelle opere ideali, perché l'immediatezza del gesto, seppur inconscia, risponde ad una sua innata capacità di comporre insiemi pittorici sempre in equilibrio ed armonia fra le parti e dalle valenze simboliche. E la tecnica visiva che egli usa per attrarre l'osservatore, è la grafica: essa, caratterizzata da una forte incisività evocativa, è tanto evocativa, precisa e fluida nel figurativo, quanto espressiva e scattante nell'astratto. Ma in quest'ultima modalità espressiva, si assiste ad un aumento della dimensione  emblematica: una miriade di neri segni si mescolano sino a dar vita ad un amalgama composto da alfabeti, innumerevoli scritture, forme ed immagini, nonché formule matematiche, che, allo stesso tempo, racconta, descrive ed argomenta i soggetti cari all'artista, e che, quando serve, si ammanta di energie e patologie (nel senso etimologico del termine) provocate dall'aggiunta del colore rosso.
Covelli dunque, attraverso le intrinseche capacità benefiche dell'arte vuole che l'uomo sia felice e perciò lo sollecita per indurlo alla serenità ed alla integrità morale, in modo da liberarlo dalle negatività  e dalle miserie che lo circondano.

giovedì 18 giugno 2015

Iurie Braşoveanu

           
           Dialogando con Iurie Braşoveanu si percepisce come egli sia un artista colto raffinato e, soprattutto, una persona gentile il cui animo è intriso da una intima spiritualità. E guardando le sue opere si ha la conferma tangibile di questa sua personalità: esse sembrano gravitare in un'atmosfera sospesa, in uno spazio smaterializzato ed astratto e sono percorse da un senso di misticismo e di sacro. La trascendentalità che pervade i suoi lavori deriva dal fatto che egli considera l'arte come il mezzo interiore per estraniarsi dalla realtà e fluttuare in un altro mondo, fatto di pacatezza e di serenità nel quale egli possa riflettere sui grandi universali umani, emozionarsi sulle vicissitudini della vita e ricordare momenti colloquiali e familiari passati.
            Alla luce di ciò, appare chiaro che per l'artista il soggetto ideale, da cui egli trae spunto per estraniarsi dalla realtà quotidiana, è la realtà stessa. Tutto il suo lavoro è pur sempre il frutto di una rielaborazione personale del suo vissuto e della sua biografia o di quello che lo circonda, sia esso materiale o intellettuale. In tal modo l'arte assume anche una duplice valenza: la prima, diviene viatico terapeutico che permette, tramite l'evasione, una via d'uscita dalle negatività della vita; la seconda, è segno concreto e testimonianza dell'uomo da  lasciare in eredità ai posteri futuri.
            Tale concettualità in Braşoveanu è maggiormente rafforzata dal fatto che egli è anche valente pittore, o per meglio dire “scrittore” (in quanto la parola di Dio nella tradizione veniva appunto scritta con l'immagine, mediante un linguaggio codificato da secoli), di icone. Affermo questo perché sin dalla loro creazione le icone sono da intendersi come una preghiera visiva tale da condurre gli artisti a vivere in rettitudine, a sviluppare una esecuzione quasi rituale e a dialogare con la spiritualità....insomma acquisire la capacità di estraniarsi dal mondo materiale.           
            E per cercare di esprimere al meglio questi temi, si avvale di una suggestiva fusione tra il figurativo realista, che gli deriva dalla passionalità verso geni dell'arte come Michelangelo o Leonardo, ed il simbolismo. Quest'ultimo però compare sotto forma di un fascinoso amalgama impostato sulla modificazione-mutazione delle forme reali o sulla fusione di queste con altre, oppure si riverbera, emergendo in alcune particolari figure concrete, come animali, elementi antropici o naturali (tra cui vegetazioni, alberi e frutti), che seppur dotate di significato autonomo, si arricchiscono di  altri concetti e recondite sfumature, come nel caso, ad esempio, della mela, la quale, tra i vari significati, diviene simbolo di perfezione e del divino.
            Anche la tecnica, sebbene egli sia artista capace di padroneggiare svariate modalità di esecuzione, è funzionale ad esaltare la ricerca artistica e le aspirazioni umane di Braşoveanu: infatti egli si avvale di una personale interpretazione del tratteggio grafico, che, scorrendo in modo continuo su uno sfondo bianco, permette alla nera china di creare visioni dal forte effetto chiaroscurale, impostato su contrasti e gradazioni tra immagini e sfondo, dall'intenso valore simbolico (non è un caso che la dicotomia bianco-nero rievochi nell'artista quella tra vita e morte).    
            Dunque siamo in presenza di un poeta dello spirito, il quale però per esprimersi ha tralasciato la parola in favore della pittura che è pregna sia di un'aura metafisica tipica, sul piano etnografico, degli artisti dell'Europa orientale abituati a vedere il mondo in modo verticale (basti pensare a Marc Chagall) tanto che tutti i suoi soggetti gravitano sospesi a metà tra terra e cielo, sia di una dimensione apotropaica che si identifica nell'eterna lotta tra il bene ed il male, dalla quale tende ad emergere, nonostante tutto, sempre una propensione al positivo.
            Concludendo, nell'esprimere il piacere di aver conosciuto un artista così profondo, ritengo pregne le parole del gallerista Andrea Lucchetta titolare della Galleria Elle a Preganziol (Treviso), nella quale Iurie Braşoveanu ha esposto recentemente, il quale ha affermato “... Braşoveanu è un artista di grande interesse, che per la sua poetica ha portato lustro alla galleria e l'ha fatta crescere sul piano culturale...”.