
Tale concettualità in Braşoveanu
è maggiormente rafforzata dal fatto che egli è anche valente pittore, o per
meglio dire “scrittore” (in quanto la parola di Dio nella tradizione veniva
appunto scritta con l'immagine, mediante un linguaggio codificato da secoli),
di icone. Affermo questo perché sin dalla loro creazione le icone sono da
intendersi come una preghiera visiva tale da condurre gli artisti a vivere in
rettitudine, a sviluppare una esecuzione quasi rituale e a dialogare con la
spiritualità....insomma acquisire la capacità di estraniarsi dal mondo
materiale.
E per cercare di esprimere al meglio questi temi, si
avvale di una suggestiva fusione tra il figurativo realista, che gli deriva
dalla passionalità verso geni dell'arte come Michelangelo o Leonardo, ed il
simbolismo. Quest'ultimo però compare sotto forma di un fascinoso amalgama
impostato sulla modificazione-mutazione delle forme reali o sulla fusione di
queste con altre, oppure si riverbera, emergendo in alcune particolari figure
concrete, come animali, elementi antropici o naturali (tra cui vegetazioni,
alberi e frutti), che seppur dotate di significato autonomo, si arricchiscono
di altri concetti e recondite sfumature,
come nel caso, ad esempio, della mela, la quale, tra i vari significati,
diviene simbolo di perfezione e del divino.
Anche la tecnica, sebbene egli
sia artista capace di padroneggiare svariate modalità di esecuzione, è funzionale
ad esaltare la ricerca artistica e le aspirazioni umane di Braşoveanu: infatti
egli si avvale di una personale interpretazione del tratteggio grafico, che,
scorrendo in modo continuo su uno sfondo bianco, permette alla nera china di
creare visioni dal forte effetto chiaroscurale, impostato su contrasti e
gradazioni tra immagini e sfondo, dall'intenso valore simbolico (non è un caso
che la dicotomia bianco-nero rievochi nell'artista quella tra vita e
morte).
Dunque
siamo in presenza di un poeta dello spirito, il quale però per esprimersi ha
tralasciato la parola in favore della pittura che è pregna sia di un'aura
metafisica tipica, sul piano etnografico, degli artisti dell'Europa orientale
abituati a vedere il mondo in modo verticale (basti pensare a Marc Chagall)
tanto che tutti i suoi soggetti gravitano sospesi a metà tra terra e cielo, sia
di una dimensione apotropaica che si identifica nell'eterna lotta tra il bene
ed il male, dalla quale tende ad emergere, nonostante tutto, sempre una propensione
al positivo.
Concludendo, nell'esprimere il piacere di aver conosciuto
un artista così profondo, ritengo pregne le parole del gallerista Andrea
Lucchetta titolare della Galleria Elle a Preganziol (Treviso), nella quale
Iurie Braşoveanu ha esposto recentemente, il quale ha affermato “... Braşoveanu
è un artista di grande interesse, che per la sua poetica ha portato lustro alla
galleria e l'ha fatta crescere sul piano culturale...”.
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