martedì 3 luglio 2012

Pio Penzo

Con la mostra “Ricordi”, si è voluto rendere omaggio, a quindici anni dalla scomparsa, ad un grande artista: Pio Penzo (Schio 1926, Venezia 1988). Pittore ed incisore, egli è stato una delle figure storiche dell’Arte italiana del secondo dopoguerra per quanto concerne la grafica. Questa tecnica nel corso del tempo, in particolare sul finire del XIX secolo, è stata spesso relegata a ruolo di arte “minore”, quasi a carattere illustrativo, ma a cui a buon diritto bisogna attribuire il suo giusto valore intellettuale, soprattutto  per gli esiti che essa ha raggiunto con Penzo. Personaggio schivo ed introverso, lontano dalle mode e dal clamore, Penzo era tutto teso a scovare  la purezza interiore e la spiritualità dell’animo umano, per arrivare a far emergere una sorta di religiosità quasi mistica. Tutta la sua poetica artistica, di conseguenza, era indirizzata ad indagare sul connubio tra “interiorità e natura”, fatto di calibrato equilibrio della composizione, di armonia  tra i vari soggetti, di chiarezza delle forme, in cui la figura umana è assente perché vista come “disturbatrice” di questo sublime creato. L’indagine del reale tende all’astrazione non fisica ma mentale, quasi metafisica; regnano sovrani il silenzio, la calma e la serenità, perché  tutto deve essere contemplato senza interferenze. Ci si incammina così in un sentiero filosofico dove tutto è proteso al supremo, all’infinito, al divino... Questo suo anelito poetico, sebbene in lui si possano ravvisare echi morandiani, si innesta nella tradizione incisoria veneta, fatta di attenzione alla natura e di rapporto fra luci ed ombre; di questa tradizione, infatti, egli é stato, oltre che  un continuatore, un divulgatore a livello internazionale. Virtuoso del bulino, che scorre magicamente sulla lastra di zinco o di rame, ci conduce in una natura percorsa da tratti fortemente veristi, dove si riconosce a colpo d’occhio la purezza del segno, la precisione, l’ordine, la chiarezza. Questo segno si trasforma, sulla lastra, in un fitto reticolo che rende fisico, vivo, e palpitante tutto ciò che incide. Come si può vedere, osservando le sue opere e scorrendo le sue varie raccolte, l’analisi di questo universo naturale ha toccato diverse tematiche, in cui però si intravedono tre direttici. Nei paesaggi  cittadini come “Miranda” o “San Geminiano”, gli elementi architettonici (case e strade) sono generati dall’unione della natura con la geometria, cioè la razionalità indagatrice, e sono colpiti da tocchi di luci secche, le quali imbrigliano il chiaroscuro delle forme solide arricchendole di plasticità. D’altra parte, nei boschi, nei paesaggi agresti o montani, talvolta imbiancati di neve, come “Neve” o “Burano”, la geometria cede il passo al frastagliarsi della luce in una miriade di sapienti effetti chiaroscurali, che, variando dai bianchi sino ai neri,  colpiscono per la palpitante vibrazione sia visiva, sia soprattutto interiore. Mentre nelle narrazioni dal taglio vedutista della raccolta “Egitto” del 1985, si vedono la precisione e la naturalezza dei particolari: sembra di  scorrere un album di fotografie. E’ doveroso, dunque, continuare a far conoscere ai posteri l’arte di Pio Penzo, non solo per rigenerare il mondo della grafica, ma soprattutto per far sì che sempre più persone possano immergersi nella poetica di questo artista tanto riservato quanto valente.

1 commento:

  1. Salve, io ho due incisioni o acqueforti di Pio Penzo, numerate e firmate, potrebbe valutarle se le mando una foto? Dico comunque che non ho intenzione di venderle, grazie
    Chiara

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