giovedì 4 dicembre 2014

Eleonora Mazza e Kiyomi Sakaguchi

Sono veramente lusingato di aver presentato l'interessante mostra di Eleonora Mazza e Kiyomi Sakaguchi inauguratasi al ridotto del teatro Titano in San Marino. Ho avuto infatti l'occasione di poter argomentare non solo su due modalità creative che si confrontano su un tema comune, ma soprattutto su due mondi diversissimi che tuttavia dialogano tra di loro: quello occidentale e quello orientale. Le artiste si sono cimentate su un tema  di non facile analisi come quello dell'identità contemporanea soprattutto se visto con intenzionalità sia antropologiche che metaforiche, come esplicitato nel titolo stesso della mostra: “Erosioni”. Affermo questo perché tale argomento offre molteplici spunti analitici, cominciando proprio dall'interpretazione del significato del titolo stesso.
La mostra rappresenta l'influenza combinata di un'allegorica erosione geologica, raffigurata dall'azione di agenti meteorologici che provocano la consunzione e la riduzione progressiva delle rocce e di una paradossale metamorfosi psicologica che l'essere umano compie nel passaggio da un'antica ad una nuova forma interiore. Quest'ultima è da intendersi perciò come nuovo stato destinato poi ad essere perpetuamente eroso attraverso un'infinita serie di successivi processi di modificazione. Come il mondo viene modificato dalle forze della natura, così l'uomo subirà i cambiamenti imposti dal progredire della sua anima.
Ogni nuovo stato creato diviene perciò nuovo stato mentale dell'essere umano il quale ha perciò d'innanzi nuovamente la possibilità di scegliere e di emergere dalla fluidità.
Per introdurre le due modalità creative, sulla scorta di quanto detto, interpreterò l'analisi della mostra come un percorso all'interno di una ideale casa dello spirito, nella quale è racchiuso l'Io creativo delle due artiste.
            Aprendo il cancello si entra nel giardino e subito si possono notare le sculture di Kiyomi.  Esse sono da interpretarsi come similitudini concrete e tangibili di elementi  naturali, appena fuoriusciti da  un mitico e deflagrato vaso di Pandora che li ha sparsi sulla terra. Questi frammenti di natura sono sottoposti all'interventazione dell'artista giapponese, la quale, agendo  come  il tempo che unitamente agli agenti naturali (fuoco, aria, acqua e vento) corrode i sassi, le piante e gli alberi, li modifica logorandoli ed escavandoli, evolvendone in tal modo la forma e perciò lo stato. Tale modificazione che Kiyomi attua, è da intendersi idealmente un continuo cambiamento immanente e perciò mai statico o uguale dell'Io umano, identificato allegoricamente nelle sculture. Così come la sostanza naturale delle opere muta costantemente, assumendo sempre nuove forme, poi sottoposte a futura e persistente mutazione, così anche l'essere umano deve sottoporsi ad una sorta di purificazione interiore che, evolvendolo, lo libera dalla fissità, sia fisica che interiore, e dalle sue scorie passate proiettandolo nel futuro. Dunque per Kyiomi l'uomo, per non soccombere a causa dei propri “accidenti” superflui che ne appesantiscono l'animo, è dunque obbligato a mutare costantemente e compiere un continuo  percorso interiore, senza mai fermarsi, volto alla comprensione della propria essenza, quello che realmente è, perfezionandola e traendone così benefici. 
Osservando l'insieme delle opere dell'artista giapponese, si intuisce che esse non siano solo epigoni concreti del suo intento creativo, ma anche che queste si possano intendere come momenti tangibili di una pratica di vita individuale, fatta di austerità, sublimazione ed esercizio, volta alla coltivazione del proprio Io interiore ed alla percezione della bellezza e della grazia e che ella, oltre a perseguire con intenti anche sociali, ci invita ad iniziare.
            Superato il giardino, e aperto l'uscio di casa, si accede alle stanze dello spirito e dei ricordi di Eleonora Mazza. Osservando i suoi dipinti subito si percepisce come per lei sia importante sottolineare la necessità dell'essere umano di recuperare la propria identità smarrita e la capacità di comunicare. Ma a differenza di Kiyomi, la quale toglie per evolvere, ella interpreta il significato di erosione interiore al contrario: asportare significa involvere. Dunque  l'immagine dell'uomo quando  è sottoposta ad una negativa consunzione identitaria perde la sua sostanza, cioè la sua essenza. Da questo stato di smarrimento, però, secondo Eleonora Mazza, l'uomo può uscirvi, basta che voglia interpretare questa indeterminatezza come possibilità di progresso interiore e non perenne insicurezza. Il suo modo di evidenziare, nonché rendere visibile, questo stato di indefinita incertezza, sia collettiva che individuale, l'ha portata a rivedere il suo ruolo di artista trasformandosi da creatrice in soggetto stesso dell'opera, assumendo le qualità di paradigma della società. In tal modo ella ha dovuto e voluto, allo stesso tempo, compiere un percorso di autoanalisi per eliminare le cose negative che la consumavano, trattenendola, e ritrovare, ricostruendole, le proprie certezze interiori. E per rappresentare iconicamente questa analisi introspettiva, ha creato una personale e singolare interpretazione della pittura fatta di ideali fotogrammi. Questi ultimi si addensano di suggestive atmosfere fatte di stravolti, scarnificati e deflagrati volti e corpi, con disordinati e dismessi oggetti quotidiani, immersi in straniati, indefiniti ed evanescenti sfondi d'interni, dove tutto è reso ancor più stemperato, se non consunto, dai toni pacati, slavati e contrapposti dei colori. Attraverso queste foto costruite con il colore, l'artista oltre a rappresentare le incertezze sopracitate, è riuscita ad  infondere in esse un percepibile senso del suo ritroso autobiografico, nel quale le amenità del passato, seppur tratteggiate da un sottile velo di nostalgia, le hanno permesso di  ritrovare la necessaria concretezza recuperando così la volontà di affrontare l'ondivago futuro.
Dunque grazie al potere di questa rappresentazione, quasi taumaturgica, Eleonora Mazza, persona sensibile e dallo spiccato senso analitico, ci induce a concepire la vita liquida (come afferma Z. Bauman), quale momento non solo di riflessione  sulla nostra condizione umana, ma, soprattutto,  di desiderio insopprimibile di crescita della nostra identità.
            Concludendo, credo sia interessante sottolineare come Kyiomi Sakaguchi ed Eleonora Mazza, seppur distanti geograficamente fra loro, siano riuscite ad offrire  una modalità per affrontare il disagio che la metamorfosi impone all'uomo di ogni tempo e latitudine. 

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