venerdì 8 gennaio 2016

Franco Donati

E' facile, quando si osserva un'opera calcografica, cadere nell'equivoco percettivo di contemplarla solo sotto il profilo visivo, magari soffermandosi unicamente sulle corrispondenze mimetiche dell'immagine, rimanendo affascinati dalla super-artigianalità e tralasciando la dimensione sensibile che questa evidenzia prepotentemente. Affermo questo perché il virtuosismo tecnico non si può ritenere e considerare il fine supremo dell'incisione, bensì il mezzo espressivo, da coltivare ed ampliare sempre, che permette di  rappresentare visivamente all'unisono sia la pregnanza del soggetto sia l'anima ed i pensieri dell'artista. Se ciò non accadesse, l'incisione diverrebbe cesello sopraffino, ridondante manierismo, esasperazione virtuosa, ma rimarrebbe solamente un prodotto  debordante verso l'artistico artigianato, magari decorativo, come sembra apparire da certe recensioni in cui è contemplato solamente il segno, come se questo fosse l'unico carattere distintivo dell'incisore. La calcografia, quando è arte, non può solamente “apparire” ( immagine), ma, prima di tutto, deve “essere” (vera idea): solo così il segno incisorio si tramuta da solo atto esecutivo in manifestazione dell'intellettualità  e della personalità di un artista nonché  testimonianza dell'evoluzione del genere umano. Dunque l'essere in ambito artistico si sostanzia di un amalgama composto di biografia, interiorità, intellettualità, ricerca, sperimentazione, studio, spirito di osservazione, apertura mentale e capacità. E Franco Donati manifesta queste caratteristiche. Infatti egli intende l'arte come una vitalistica azione quotidiana che lo porta sempre a ricercare e perciò ad evolversi. Un atto quindi, interpretando le parole di Ralph Waldo Emerson, foriero di positiva creatività che soddisfa quel desiderio di essere un tutt'uno con la natura e la realtà, di sentirsi in armonia nel proprio privato e con l'ordine sociale nonché di avere la capacità di  oltrepassare i propri limiti: insomma avere fiducia in sé e nelle proprie capacità. Questo affrontare la vita con "self-reliance" (fiducia in sé), genera in Donati un ottimismo realista che gli permette di raggiungere i suoi obiettivi anche partendo da una circostanza talvolta negativa. Partendo da questi presupposti, l'artista attribuisce quindi all'arte la funzione di scandagliare la sua interiorità cercando di carpirla per poi decodificarla attraverso un surrogato concreto. L'arte quindi diviene un viatico con il quale egli può osservare  i sentimenti, le sensazioni ed i  desideri prodotti dal suo pensiero. E' chiaro che per fare ciò, Donati si allontana dalla roboante retorica, per concentrarsi su una modalità introspettiva, quasi dimessa, colloquiale e, per renderla più fascinosa, dal piglio simbolico. Ecco perché i suoi soggetti, a prescindere dalla rappresentazione esteriore, in ultima analisi celano, con sfumature variegate e romantiche, l'artista stesso, stabilendo così una nascosta similitudine tra il suo io e l'immagine raffigurata. Questo accade in quanto i riverberi provocati dai moti sia del suo mondo interiore sia di quello esteriore  sulla sua biografia sensibile sono il vero soggetto ideale dell'artista: paesaggi, nature morte e ritratti traslano le loro evidenze visive per divenire megafoni del suo recondito spirito. Per rendersi conto di questa trasposizione del suo io all'interno dell'immagine,  basta guardare le opere con occhi liberi, per scorgere come le rappresentazioni allusive e spesso surreali dei sui soggetti raffigurati, lo sfondo privo di riferimenti spaziali e storici nel quale è inserito un corollario di  segni/simboli per capire che esse altro non sono che manifestazione allusiva dell'introspettività ispirata di Donati d'innanzi alle cose del mondo che attraversano la sua vita. Tenendo conto di quanto afferma egli stesso nella frase: “L'acquaforte è la prima scrittura, l'acquatinta e la marmorizzazione sono la parte pittorica dell'opera, la puntasecca finale eseguita a mano o con un elettroutensile, sono i neri assoluti che danno rilievo, danno voce al segno dell'acquaforte.”, si può dire che la calcografia è il mezzo tecnico ed esecutivo da lui individuato per iconizzare queste sue  sopracitate istanze interiori. Evocando la scrittura come primo atto creativo, sembra che il tentativo dell'artista sia quello di decodificare ciò che sente e prova. Sarebbe ingannevole fermarci solamente a questo solo dato oggettivo, perché Donati non vuole offrirci un unico punto di vista,  ma, attribuendo all'opera, in base anche all'apparato di immagini, un carattere argomentativo, desidera che ognuno di noi possa individuare una sua idea. Come nella poesia, l'incisione in funzione collettiva diviene segno corale dell'uomo.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.