sabato 30 marzo 2013

Luca Maria Marin

In una precedente occasione, l'analisi dell'agire artistico di Luca Maria Marin mi era stata suggerita da una figura retorica presente nel testo della canzone di Franco Battiato “L'ombrello e la macchina da cucire”, ispirato al poema epico in prosa “Canti di Maldoror, opera del francese Lautréamont. L'interpretazione della similitudine presente nei due versi iniziali del brano “Ero solo come un ombrello su una …macchina da cucire…” , che il cantautore catanese ha scritto in collaborazione col filosofo Manlio Sgalambro, descrive e racconta precisamente il pensiero sull'arte di Marin: come l'idealità della figura retorica mostra la bellezza irreale che nasce dalla ricerca e dall'incontro tra due oggetti reali che non hanno nulla in comune, così, per l'artista l'arte è prima di tutto un atto umano di pensiero che, ergendosi dalla confusione, è capace di far vivere un'idea nel momento in cui essa si materializza, mostrandoci la sua vera essenza. Tale entità assume  consistenza tangibile attraverso un'azione creativa, composta di progettazione sensibile compenetrata alla fusione di strumenti quali il colore, la forma, la materia, l'oggetto, il segno e la parola, il tutto armonicamente e sapientemente integrato da Marin. Così facendo, l'opera d'arte diviene un valore estetico inteso come variabile della percezione visiva, nella quale sono riscontrabili due valenze: la prima è la capacità di fornire mutevoli ed inedite immagini emozionali, quali la memorialità, il ritroso, la melanconia, la cultura e la filosofia dell'uomo, in grado di sollecitare le matrici, frutto di biografia ed ambiente,  presenti dentro di noi fin dalla nascita, e di renderle più pregne. La seconda è il rafforzamento della volontà dell'uomo, il quale, nel momento in cui egli ha maturato la forza di discernere la mutevolezza visiva, metaforicamente acquisisce la  capacità di saper riconoscere il vero dal falso, grazie alla propria decisione cosciente e perciò di  liberarsi così dai falsi idoli. .  
Da questi presupposti intellettuali, è possibile capire anche la solida concezione sull'arte contemporanea di Marin: essa è un linguaggio che deve comunicare messaggi, attraverso la chiarezza e la razionalità, ed ha il buon fine di farsi capire in modo serio e fruttuoso.
In questa nuova rassegna trevigiana, dal titolo “Insieme e visione relativa”, l'artista mostra lavori nei quali ha cercato di approfondire il concetto di “priorità elettiva nella scala dei valori codificati” (citando il sottotitolo), non avvalendosi più della similitudine emozionale del “Bello come la retrattilità degli artigli degli uccelli rapaci; o ancora, come l'incertezza dei movimenti muscolari nelle pieghe delle parti molli della regione cervicale posteriore”, espressa nei  canti di Maldoror per materializzare entità che rievocano la mutevolezza di stati d'animo e riflessioni, ma si è servito di quella che colpisce la sensorialità dell'uomo. Infatti, ora, quasi a voler interpretare l'aforismo di Bruno Munari “Nelle pitture di Caravaggio ci sono effetti di luce. L'interruttore non so dov'è.”, Marin vuole indurre l'uomo alla presa di coscienza della necessità di un atto di discernimento tra verità ed inganno, tramite la variabilità del vedere. Per questa ragione egli ha  rivestito il colore, la forma, la materia di nuove significanze sensoriali visive, avvalendosi anche della tridimensionalità intrinseca dell'opera, ed avvicinandosi, per alcuni aspetti, all'Optical Art. Così facendo, gli ingredienti contenuti nei lavori sono da intendersi come viatici per la manifestazione relativa della visione che destabilizza lo spettatore, ma, al contempo, ne fornisce anche l'uscita dalla mutevolezza. Egli, nel momento in cui osserva i lavori e ne rileva le mutevolezze “cinetiche”, dovute alle sovrapposizioni di colori e forme, matura la necessità di una scelta che gli permette di indirizzarsi verso una visione univoca, in modo da contemplare ciò che vede. Tale  selezione fisica da parte del fruitore, cela, su un piano ancora una volta metaforico, la volontà interiore di dipanare la confusione del mondo e protendersi alla comprensione delle verità valoriali.
Concludendo, è doveroso sottolineare che anche in questa occasione espositiva Marin si è dimostrato, grazie a serietà e concretezza, artista capace di dare risposte alle istanze dell'uomo contemporaneo, fornendogli una modalità di ricerca per essere più consapevole della propria esistenza e di ciò che gli è veramente necessario.  

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