domenica 29 marzo 2020

Giuseppe Fogale

Il paesaggismo, nel corso della storia della pittura, è una delle modalità espressive più espressive. Assieme al figurativo, legato alla rappresentazione della figura, il paesaggio ha  permesso all'artista di rappresentare vivamente quell'universo di emozioni, stati d'animo e riflessioni  che albergavano nel suo Io più recondito. E per rendersi conto di questo, basta osservare, accostati,  accanto l'uno all'altro,  uno scorcio romantico e una visione iperrealista. Entrambi, pur agli antipodi sul piano iconico, ci mostrano quanto può essere ampio il ventaglio dell'intenzionalità creativo-ideale presente nella mente di un pittore. 
Anche l'opera di Giuseppe Fogale non può non inserirsi all'interno di questa gamma di modalità rappresentative. Egli infatti si protende verso il paesaggio secondo la classica maniera all'italiana, in chiave  romantica: ogni sua tela si presenta luminosa, gradevole, caratterizzata da un pittoresco accogliente e piacevole, intrisa di ricordi e atmosfere sensibili che fanno emergere sensazioni felici nello spettatore; non solo, nei suoi lavori si respirano anche le arie e i colori delle stagioni che caratterizzano lo scorrere dell'anno. Ma oltre queste caratteristiche, che potremmo definire per alcuni aspetti oggettive, emergono anche quelle peculiarità soggettive che rendono unica e personale la pittura di Giuseppe Fogale. Egli infatti infonde ai suoi lavori una sorta di dato geografico che, oltre ad accompagnare l'afflato emozionale e la dimensione intimistica, rappresenta e identifica in modo contestualizzato uno scorcio che appartiene alla quotidianità e al vissuto del pittore stesso. Ciò è confermato anche dalla cura dei particolari che caratterizzano ogni dato posto, come testimoniano la dettagliata rappresentazione delle specificità persino geologiche dei diversi gretti in cui scorre l'acqua, le tipologie di piante che adornano gli argini o, nel caso di vedute collinari, le rappresentazioni di vecchi casolari e edifici tipici nonché l'increspatura e l'inclinazione delle colline! Ma non è tutto. Anche la captazione della luce e la modalità con cui viene distesa e dosata all'alterno del dipinto, sottolinea l'unicità del luogo, come si evince confrontando, ad esempio, le diverse percezioni atmosferiche presenti nella “Veduta di Chioggia”, dalla luce tersa, quasi opalescente, con il “Piccolo scorcio del Sile” dalle arie languide e silenziose. E osservando attentamente la pennellata, un tempo più crepitante e vibrata da piccoli tocchi e ora più fluida e sinuosa,  si  può intuire addirittura l'evoluzione tecnico-esecutiva dell'artista. 
I pini, i salici, le acacie, le acque, le rocce e i colori della terra, o sarebbe meglio dire ogni singolo elemento della natura, sono dunque, come direbbe G. D'Annunzio, stromenti nelle mani di Giuseppe Fogale che egli permettono di trasformarsi, interpretando l'opera di Franco Arminio, in uno speciale paesologo, il quale invita l'osservatore a “Incontrare e raccontare i paesi ed i luoghi, percepiti” e dunque ad immergersi e a farli propri.





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