sabato 28 marzo 2020

Moreno Saivezzo

Guardando le “Venezie” di Antonio Moreno Saivezzo si rimane affascinati per la singolare  composizione visiva con cui egli tratteggia la città lagunare. Ciò avviene perché l'artista si avvale di un personale amalgama espressivo nel quale si palesano raffigurazioni dai tratti iperrealisti e affiorano suggestioni surrealiste, permettendogli di evadere dal dato oggettivo della realtà per debordare verso una percezione sensibile che fa emergere l'Io più intimo e recondito dell'artista. Tale visione quindi è protesa ad evadere dal dato oggettivo della realtà, per debordare verso una percezione sensibile e recondita in cui gli scorci, gli edifici, i palazzi, i campi, i ponti raffigurati parzialmente o nella loro interezza, unitamente a tutto l'universo simbolico, come la presenza di mani e/o lampadine al cui interno si vedono altre immagini, sono da interpretarsi come frammenti memoriali che testimoniano ricordi, fatti e riflessioni che appartengono al vissuto dell'infanzia e dell'adolescenza dell'artista. Ma c'è di più. Oltre all'afflato biografico dal ritroso memoriale, queste opere testimoniano anche lo sconfinato amore che Antonio Moreno Saivezzo prova per la sua amata e quanto mai fragile città. Egli la immagina ancora “Serenissima” e “Regina dei mari”, protetta dal mosso e burrascoso mare che la circonda. Questo infatti, primo fra gli elementi naturali, non è dunque da intendersi come pericolo, bensì come secolare baluardo posto a imperitura difesa della città dall'inesorabilità del tempo e dallo scempio degli uomini. L'acqua non salva solo i preziosi marmi e le antiche pietre del “Roseo gioiello” (da “Venezia Salva” di Simone Weil), ma lo trasforma metaforicamente in un'idea, un pensiero pregno nel quale sono cristallizzati anche i luoghi del cuore dell'artista. 
Nelle opere più recenti, la raffigurazione plurima delle riminiscenze memoriali, che, grazie al disegno e al colore, pervadeva tutta la tela, si è lentamente rarefatta: l'artista sembra condensare  l'immagine, ora generalmente impostata su flebili tratteggi di matita e poche campiture di pigmento,  per concentrarsi su poche ed essenziali idee e ricordi, che oltre a liberare gli spazi della  composizione e il respiro visivo concentrano il dato poetico e simbolico.
Lo scarto creativo ed ideale che si evince guardando i lavori contemporanei di Antonio Moreno Saivezzo mostrano come egli, pur rimanendo sempre fedele innamorato di Venezia, non sia un artista statico, ma capace, come l'arte richiede, pena la fossilizzazione, di declinare sempre la sua pittura verso affascinanti ed emozionanti traguardi interiori.

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